Furgoncino Excelsior-Rangers, con Michele "lu cines'" (vestito da Pulcinella)
Giovedì, 9 giugno 1977 –
Link alla parte precedente.
(…) una gigantesca scritta fatta (nientemeno!) con il pennello da imbianchino: “12 giugno 1977-sei grande, comunque vada”. Bellissima, sotto ogni punto di vista, ma soprattutto con un risvolto persino emozionante, perché non siamo stati noi a farla, non sono stati nemmeno I Fedelissimi, quindi significa che c’è un altro gruppo “aspirante ultras” che sta “accendendo” il nostro stadio.
E’, soprattutto, la conferma che una partita non si risolve solo nei 90 minuti in campo, ma dura l’intera settimana; e si “gioca” in ogni angolo della città senza alcun orario prestabilito. Dunque, c’è da riempirsi il cuore di gioia nel constatare come Pescara cominci davvero a voltare pagina anche in fatto di tifo; nonostante certi personaggi ancora in circolazione, su cui è meglio sorvolare.
La seconda sorpresa sta invece dentro lo stadio: 3.000 tifosi per una partitella del giovedì!… con la Curva Nord quasi del tutto piena, ma qualche centinaio sta anche in Tribuna inferiore. C’è una voglia di stare insieme tra di noi, e noi tutti insieme alla squadra, che ha del commovente ed è senza precedenti, giacché in occasione di quel 9 giugno 1974 il Pescara andò in ritiro sin dal lunedì per sottrarsi al clima incandescente che c’era anche in quella occasione.
Sulla pista d’atletica si aggira anche la troupe della Rai, venuta a realizzare un servizio che hanno definito e titolato “Miracolo-Pescara”, poi da trasmettere durante “Domenica Sprint”. Il servizio prevede anche (e soprattutto) una serie di interviste ai tifosi presenti, e ti lascio immaginare il “calore & colore” con le quali vengono rilasciate; anche perché è presente la “crema” della tifoseria biancazzurra, soprattutto quella non più giovanissima, perciò reduce da anni (se non decenni) di sofferenze e umiliazioni d’ogni genere e, in gran parte, già rassegnata a non vedere mai il Pescara in Serie A; anzi, per loro già la Serie B è un mezzo miracolo! Prevedo un durissimo lavoro per gli inviati della Rai, quando dovranno sintetizzare le interviste raccolte per farle entrare in un servizio di appena tre minuti.
Davanti a questo paradiso terreno, io continuo a farmi sempre la stessa domanda: come potrebbe mai essere possibile che Pescara e il Pescara non vadano in Serie A? Con quale coraggio il Destino potrebbe riservare una tale, immensa e innominabile delusione a una tifoseria, a una città, a una regione del genere? In nome di cosa si può distruggere il cuore di così tanta gente? Come si può solo pensare di dover assistere alla promozione di un Monza qualsiasi o di un “Rigori & Culo s.p.a.” (alias Cagliari) mentre – Dio non voglia mai – il Pescara resta dov’è?
Io non faccio altro che queste semplicissime domande a Chi ci guarda e ci guida da Lassù, sicuro che mi ascolta e darà le risposte migliori: cioè, quelle che meritiamo.
Sul fronte “preparativi”, oggi pomeriggio Stani e Maurizio “lu ruman” non sono venuti allo stadio perché si sono presi l’incarico di fare un giro per le falegnamerie di nostra conoscenza, dalle quali avere il legname necessario a fare la “croce dell’Atalanta”, cioè una vera croce (alta circa 3 metri) su cui appenderemo una maglietta a strisce nerazzurre, già individuata (a basso costo) alla Standa, oppure da Dolci Sport. Non so come, ma I Fedelissimi sono venuti a conoscenza di questa nostra idea scenografica e subito si sono messi all’opera per copiarla. Anzi, per fare le cose in grande, stanno preparando anche una bara nerazzurra con cui organizzare il funerale atalantino, sul modello di quello che fecero 5 anni fa al Teramo … così ora la “tematica funerea” è completa. Bene, anzi benissimo! Questo improvviso e vistoso risveglio dei nostri amici non ci dispiace affatto, men che meno ne siamo gelosi, perché il Nome di Pescara viene prima d’ogni altra cosa, anche a livello di tifo, per cui ben vengano altre mille iniziative utili a portarlo sempre più in alto; chiunque ne sia l’autore. Un improvviso e vistoso risveglio “fedelissimo” di cui, semmai, noi del gruppo-capo Rangers dobbiamo essere solo orgogliosi, perché la coincidenza con la nostra entrata in scena è quanto mai evidente, finendo per scatenare la prevedibile competizione: e, quindi, una gara al rialzo di cui il tifo biancazzurro potrà trarre solo benefici.
È esattamente quello che vogliamo.
Venerdì, 10 giugno 1977
Nonostante la stangata dei prezzi, i biglietti per Pescara-Atalanta sono praticamente finiti; restano solo alcune centinaia di Tribune. Dunque, l’ha avuta vinta la Società, quando ha intuito che questo era il momento giusto per fare cassa, ovvero per “spellarci vivi”.
Tra gli “spellati vivi” ci sono anche gli emigrati abruzzesi in America, soprattutto quelli di Stati Uniti, Canada e Venezuela, che finora hanno potuto seguire il Pescara solo attraverso i giornali e i programmi TV provenienti dall’Italia, tra l’altro con diversi giorni di ritardo, così si sono organizzati per tornare in Abruzzo (dopo anni e anni di assenza) proprio in coincidenza di questa occasione storica per il calcio regionale, in modo da poter vivere direttamente partita, promozione e festeggiamenti. Alla guida della spedizione c’è John Quintini, un emigrato partito tanti anni fa come umile falegname, ma che ha fatto davvero fortuna, e l’altro giorno è sceso dall’aereo vestendo rigorosamente scuro gessato. E’ solo uno dei tanti nostri “paesani” che stanno onorando l’origine abruzzese. Per tutti loro, però, le cifre folli stabilite da via Campania rientrano nell’assoluta normalità, abituati come sono ad un tenore di vita ben più alto di quello europeo; e abruzzese in particolare. Dunque, non piangeranno di certo disperate lacrime di sangue, né rischieranno litigi e divorzi in famiglia. Però, non mi sembra comunque il modo migliore per dar loro il “bentornati” e, soprattutto, per rinsaldare l’Amore verso la Maglia Biancazzurra.
Restando in argomento, la stessa Pescara Calcio comunica (come fa periodicamente ormai da anni) che, escludendo il mega-incasso di Pescara-Atalanta (ancora da definire), nelle casse societarie è già entrato ben più di un miliardo!… Vale a dire: 735 milioni con i paganti in campionato, 140 milioni con gli abbonamenti, 110 milioni con le partite di Coppa Italia, 55 milioni tra amichevoli e settore giovanile. Un incasso totale che più di mezza Serie A si può solo sognare la notte di Natale.
Nel campo delle barzellette, invece, quelle più esilaranti riguardano un fantomatico e sbandierato esodo bergamasco al seguito dell’Atalanta: la Pescara Calcio dice d’aver spedito a Bergamo i 500 biglietti richiesti, Aggradi continua a giurare che ne hanno richiesti 2.000, il Corriere dello Sport assicura che “Tra aereo, pullman, treno e auto, saranno circa 5.000 i tifosi bergamaschi presenti domenica a Pescara” … Cosa vuoi che ti dica!?… Magari fosse vero!… Sarebbe un motivo in più (e che motivo!… ) per arroventare ulteriormente l’Adriatico; semmai fosse possibile. Purtroppo, si tratta del solito “capolavoro di fantasia” che non si tradurrà in fatti neanche in minima parte; vuoi scommettere (tutto quello che ti pare) che domenica non vedremo un solo atalantino, un solo fazzoletto nerazzurro?
Molto più seria e preoccupante è, invece, la voce che si sta spargendo alla velocità della luce, secondo la quale la Pescara Calcio starebbe di nuovo distribuendo un grosso quantitativo di biglietti e tessere omaggio, alla faccia dei tifosi che per comperare una Curva a 5.000 lire devono rinunciare a … mangiare per due giorni!… E quindi, alla stessa velocità della luce, in città si sta scatenando il putiferio, con le redazioni de Il Messaggero e Il Tempo prese d’assalto, alla ricerca di conferme o smentite, ma soprattutto con minacce di ogni genere da parte di gruppi più o meno organizzati … noi compresi, ovviamente. La calma è stata riportata da Aggradi che ha assicurato: “Tranquilli, domenica pagheranno tutti, ma proprio tutti; parola mia”.
Parola mia?… E’ ‘na parola!… Al riguardo di Aggradi, e della sua onestà, mettiamo tutti la mano sul fuoco, ma noi vogliamo la parola del “signor ombra”, non quella di Aggradi! Purtroppo, come ogni “ombra” che si rispetti, anche quella di via Campania 41 non si vede e non si sente; silenzio di tomba e di … tromba. Proprio nel senso di “trombare” la tifoseria biancazzurra senza il pur minimo scrupolo; è vero, signor Renzo “il petroliere”?
Il Comune informa che i cancelli dello stadio saranno aperti alle 14,30 e che, come già stabilito tre anni fa per Pescara-Lecce, sarà vietato introdurre all’interno dello stadio aste di bandiere, ombrelli, cinture con fibbie troppo grandi, scarpe con tacchi alti e bottiglie di vetro. Sarà inoltre chiusa al traffico l’intera zona dello stadio, perché gli ingorghi che si creerebbero sarebbero poi inestricabili. Per cui, l’intera tifoseria è invitata ad andare allo stadio o a piedi o con il servizio urbano e suburbano della Gestione Governativa che, per l’occasione sarà potenziato e collegherà l’Adriatico con tutti i quartieri di periferia nel raggio di 15 km. (quindi pure con Chieti …).
Devo correggermi subito: le barzellette più esilaranti non riguardano l’esodo bergamasco, ma ancora una volta i nostri amici de L’Unione Sarda”, i cui temi principali da trattare continuano a essere i soliti due, ma ora rimarcati all’ennesima potenza, in vista dell’altro big-match della Serie B: Monza-Cagliari (il calendario si sta davvero “divertendo” a farci l’elettrocardiogramma …).
In casa propria, preoccupa sempre più la condizione atletica del Cagliari, fino a due settimane fa definita la “Squadra che meraviglia per la sua forma smagliante e il gioco spettacolare”. Sarà per festeggiare questa “meraviglia ambulante” che la Società del presidente Delogu ha deciso di acquistare 500 biglietti di Gradinata dello stadio di Monza, per poi offrirli ad altrettanti tifosi rossoblù che ne faranno richiesta dimostrando di non avere possibilità economiche per acquistare tali biglietti ai botteghini. Basta prenotarli chiamando il “Centro Coordinamento Cagliari Clubs” e poi ritirarli domenica mattina presso l’Hotel “de la Ville” di Zingonia (Bergamo), dove il Cagliari è in ritiro. È un’iniziativa di reazione verso i dirigenti del Monza che, a quanto pare, starebbero letteralmente imboscando i biglietti allo scopo di non farli acquistare dagli emigrati sardi residenti in Lombardia: dunque, per evitare che mezzo stadio Sada sia rossoblù. Infatti, il servizio si chiude con qualche frase di sbeffeggiamento affatto velato per il Monza e i tifosi monzesi, che: “… Troppo presto hanno preparato la festa promozione in ogni minimo particolare …” (se il Monza batte il Cagliari ha di fatto 4/5 di Serie A in tasca).
In casa altrui, ed è il capitolo che più interessa sull’Isola, Toneatto si fa al solito portavoce dello “stato dell’arte”, ovviamente in via di continui aggiornamenti. Ha detto che: “A Monza giocheremo per vincere, è chiaro, ma l’importante sarà non perdere, tenendo conto del difficile incontro che attende il Pescara contro l’Atalanta, prima dell’ancor più difficile trasferta conclusiva a Ferrara”. Hai notato? Non è l’Atalanta ad avere un impegno difficile a Pescara, come sarebbe logico sottolineare sotto ogni punto di vista (e lo ha fatto persino Titta Rota!… ), ma l’esatto contrario; come se fosse il Pescara a dover scendere in campo nella fossa bergamasca.
E poi, al riguardo della giornata conclusiva, l’amico Lauro non punta tutto sul Modena, ultimo in classifica ma ancora con speranze di salvezza, perciò pericolosissima avversaria del Monza, e non punta nemmeno sulla tranquillità altrettanto pericolosa del Como, ultima avversaria del L.R. Vicenza; men che meno sul Rimini, ultima avversaria dell’Atalanta. No-no, niente di tutto questo. Le attenzioni sono puntate sempre, solo ed esclusivamente sul Pescara e sui suoi avversari che, di volta in volta, avrebbero dovuto, dovrebbero e dovranno mettere la pietra tombale sul campionato biancazzurro. Tutte le attenzioni si concentrano sempre e solo su questo “maledettissimo” Pescara che non si decide a schiattare una volta per tutte, nonostante … “il calendario terribile, il gioco fumoso e casuale, la condizione atletica alla frutta, un attacco ‘leggerino’ e una fortuna sfacciata che la sta accompagnando dall’inizio del campionato” (parole e musica del nostro amico Lauro, naturalmente).
E così, elaborando le più argute delle riflessioni (… roba da “grandi”, non c’è che dire …), l’altro nostro amico Franco Brozzu scrive che: “Già Atalanta e Vicenza si sono dovute accontentare del pareggio a Ferrara, pertanto anche il Pescara sarà costretto a fare altrettanto, specie ora che la Spal ha urgente bisogno di punti. Con il sicuro pareggio di Spal-Pescara all’ultima giornata, Cagliari e Atalanta potranno permettersi persino il lusso di perdere dopodomani, rispettivamente a Monza e a Pescara, poiché avranno come minimo lo spareggio assicurato, proprio grazie alla Spal che fermerà la squadra di Cadè”.
Semplicemente straordinario.
Sabato, 11 giugno 1977
Non solo l’Unione Sarda, ormai letteralmente ossessionata dal Pescara, ma anche i giornali del Nord si stanno divertendo a stilare tabelle e a pronosticare la “sicura classifica finale” della Serie B, con risultati che, in fin dei conti, non sorprendono proprio nessuno: al Pescara non concedono più di due pareggi (ma solo grazie alla fortuna sfacciata che si ritrova!… ovviamente), in conseguenza dei quali finirà “sicuramente” quinta in classifica, ovvero ruota di scorta di un carro che, come si sa, di ruote ne ha solo quattro. Del resto, è la conferma di quanto vanno prevedendo e predicando ormai da due mesi tutti i (ridicoli) discepoli di Nostradamus; per cui, la coerenza è senz’altro da ammirare.
Coerenza con la quale concorda anche lo stesso Cadè quando, con il solito equilibrio, ribatte: “Una graduatoria che non ci dispiace, e tantomeno ci offende perché, al contrario, ci fa un enorme favore, caricando ancora di più l’ambiente e soprattutto la squadra, già di per sé caricatissima”. E infatti, vuoi per questa incredibile possibilità di Serie A (alla quale ancora stentiamo a credere), vuoi per gli attacchi quotidiani che, sempre più pesantemente, ci arrivano da diverse latitudini, a Pescara c’è una carica che potrei definire persino “spaventosa”; ed è tutto oro colato quando sei impegnato in una volata finale così infuocata.
Come d’abitudine, anche questo sabato mattina viene pubblicata la lista degli arbitri designati per la giornata della Serie B, ma il nome della “giacchetta nera” che dirigerà Pescara-Atalanta non c’è; nessuno ne sa niente, men che meno si sa il motivo ufficiale di questo “segreto”. Boh!… Forse hanno timore che lo contattiamo per corromperlo? O forse, più verosimilmente, hanno timore che sia “qualcun altro” a contattarlo?
Certo che le stranezze tocca vederle tutte a noi. E sempre più sconcertanti.
Ed è tutta benzina sul fuoco della tensione ambientale, poiché le ipotesi e illazioni si sprecano; l’una peggiore dell’altra. Tutto intorno a noi contribuisce ad aumentare l’attesa e l’emozione. Ogni più piccola cosa è una scossa elettrica, ogni volta che si mette piede fuori casa si vede o si sente qualcosa che fa sobbalzare il cuore, e anche restando in casa cambia poco perché i giornali, le radio e le TV (non solo locali) stanno presentando questa partita nella stessa identica maniera in cui si presenta la finalissima della Coppa Rimet. A distanza di tre anni esatti, siamo di nuovo vittime impotenti di un’emozione più grande di noi, che si sta rivelando insostenibile anche per chi pensava di essere ormai vaccinato a tutto. Il pensiero è sempre lo stesso: un non nulla può significare Serie A, ma un non nulla può anche darci la più grande delusione della nostra vita (… scusa un attimo, ma mi tocco e ritocco da tutte le parti …).
Sono settimane che camminiamo su questo filo del rasoio e, t’assicuro, c’è da impazzire.
Lo so, poi sarà tutto ancora più bello, proprio perché si è sofferto moltissimo, ma ora che mi ci trovo in mezzo fino al collo preferirei evitare questa “Via Crucis” infinita; ora vorrei solo essere al posto del Lanerossi Vicenza.
Va bene, lo confesso: ho paura!
Se dipendesse solo dal Pescara in sé, non avrei alcun dubbio: li schiattiamo senza pietà. Purtroppo però, pur avendo solo 17 anni e mezzo, ho già dovuto imparare molto bene cos’è il calcio e quanti fattori esterni, tra fortuna, sfortuna e “stranezze” varie, intervengono sul risultato finale, al di là della bravura di una squadra. Lo abbiamo visto e toccato con mano proprio quel 9 giugno 1974 quando, a fronte di un’indiscutibile e totale supremazia biancazzurra, a Ferrari è bastato toccare mezzo pallone in 90 minuti per buttarci in 24 “eterni” minuti di morte emotiva. Per di più, ora come allora, noi non siamo fortunati, noi non siamo “raccomandati”, noi non siamo “protetti”, noi non siamo “ricchi”. Soprattutto, noi non siamo “simpatici”. Anzi, tutto il contrario.
Perciò, ho paura!
Stamattina, io e Riccardo non abbiamo resistito alla tentazione di andare a vedere anche l’allenamento di rifinitura, nonostante si trattasse del più insignificante della settimana. Eppure, allo stadio abbiamo trovato la solita moltitudine entusiasta, composta da tifosi che se potessero andrebbero a mangiare e dormire a casa dei giocatori, pur di vivere insieme a loro questi momenti decisivi. Questi sono momenti in cui la “distanza” tra tifoseria e squadra diventa un’incredibile “vicinanza” in cui ognuno ha bisogno dell’altro per sostenersi; un po’ come “cann mantè vìt’, e vìt’ mantè cann”.
Nel pomeriggio, invece, è in programma il “funerale” dell’Atalanta, organizzato da I Fedelissimi. Funerale per la squadra avversaria che, come si sa, a Pescara ha solo due precedenti, entrambi ad opera de I Fedelissimi, ormai veri esperti in materia … Caporale e La Floreale facciano attenzione a una concorrenza che sta diventando quanto mai insidiosa.
Così, quando Davide mi viene a chiamare per andare a comperare altre bombolette di ricambio per la trombetta, diventa automatico passare “casualmente” da via Firenze per vedere cosa succede …. Succede che l’annunciato funerale non è affatto una mezza cavolata, come qualcuno di noi aveva malignato, ma davanti il Circolo Biliardi s’è riunita una folla impressionante, composta da tifosi di tutte le età e con bandiere e bandieroni a decine, trombe e persino bandoni di latta usati a mo’ di tamburi. Nel piazzale dell’attiguo garage hanno poi preparato un furgoncino, praticamente fasciato dal loro striscione, mentre sopra al portabagagli c’è questa bara coperta da una bandiera dell’Atalanta, peraltro 100% originale perché è una di quelle fregate a Bergamo in occasione della partita d’andata. Tutt’attorno fiori: rigorosamente garofani veri. A completare l’armamentario funebre c’è il gruppo trombe a batteria del Club, quello che emette 6 “motivetti” diversi, tra cui la sirena nautica finora mai usata; ad azionarlo c’è il mitico Gianfranco, ormai da considerare l’addetto ufficiale alle trombe, sia allo stadio che in qualsiasi manifestazione settimanale.
Tamburi, trombe e schiamazzi che, in breve, stanno letteralmente trasformando via Firenze in una vera e propria Curva di stadio. Una Curva da brividi, perché lo spettacolo è davvero emozionante al massimo grado, tant’è che in pochi minuti l’intero tratto compreso tra via Venezia e via Ravenna resta del tutto bloccato dalla gente radunata in ogni angolo e lungo tutti i marciapiedi; devono addirittura intervenire due vigili urbani per deviare il traffico.
Nel frattempo, altri quattro de I Fedelissimi stanno girando tutto il centro città con la loro auto decappottabile, dal quale sventola il bandierone con il teschio e un megafono attraverso il quale si invita tutta la cittadinanza a partecipare al funerale.
A questo punto, io e Davide abbandoniamo ogni precedente intento e ci precipitiamo a chiamare gli altri perché non c’è dubbio che, “Fedelissimi” o no, bisogna partecipare tutti: il Pescara viene sempre prima di ogni altra cosa, quindi anche prima di ogni “rivalità interna” e di qualsiasi nome abbia il Club. Siamo tutti d’accordo su questo principio di base (e ci mancherebbe altro!… ), per cui anche Ciro, Riccardo, Stani, Fabrizio, Maurizio “lu ruman”, Tino, Sergio, “smarfulone” e Stefano non hanno bisogno di riflettere neanche un secondo sulla nostra partecipazione; dobbiamo solo sbrigarci perché l’orario d’inizio è fissato per le 17,30 e mancano pochi minuti.
Il furgoncino dell’Excelsior-Rangers, con buona parte del nucleo-guida del Pescara Rangers, Angelo Manzo (a destra) e suo cognato Ettore (a sinistra)
Il corteo, seguito da un fiume di auto strombazzanti e con bandiere ai finestrini, percorre tutta via Firenze, corso Umberto, piazza Salotto e Riviera tra ali di folla a dir poco incuriosita e gioiosa sui marciapiedi, negozianti usciti tutti dai propri negozi, balconi e finestre dei palazzi pieni di bandiere e gente affacciata. La Riviera, poi, è più che mai affollata perché i turisti sono ormai moltissimi, tra i quali un’alta percentuale di stranieri che, pur divertiti al massimo, non riescono a capire cosa stia succedendo. E anche quando qualcuno spiega loro che domani ci sarà una importantissima partita di calcio, non riescono a capire cosa c’entri una bara e un funerale con una partita di calcio …
Povera gente!
Alla rotonda dell’orologio si gira e si ripercorre corso Umberto in senso inverso per giungere all’Excelsior, dove tra la folla assiepata c’è anche il signor Manzo. Noi ci fermiamo a commentare con lui, ma veniamo interrotti da Massascusa che, da un’auto del corteo, chiama e saluta. Il signor Manzo si avvicina per abbracciarlo: ed è un concreto segno di amicizia, unita alle sincere congratulazioni per la riuscitissima manifestazione. Un’amicizia solida e datata, la loro (sin dai tempi della “Rivolta per Pescara Capoluogo”, della quale furono protagonisti), ma che si sta “annebbiando” da quando è nato il Pescara Rangers, e ancor più da quando il nostro Club ha preso il sopravvento; per la serie “l’allievo supera il maestro” che purtroppo ben pochi riescono ad accettare con la giusta saggezza. Speriamo che questo gesto di amicizia sia reale, ovvero duraturo, ma ho i miei serissimi dubbi.
Da parte nostra, stasera dopocena abbiamo in programma un ultimo tocco di “arredo” allo stadio: andiamo tutti in gruppo, con ben cinque bombolette di vernice spray e … puoi capire!
Come in parte previsto, a complicare le cose ci si mettono alcune puttane che stanno battendo nei pressi e, naturalmente, non vogliono essere disturbate dalla nostra presenza; infatti, ci sono numerose macchine che rallentano, ma alla nostra vista ripartono e se ne vanno. La zuffa verbale è immediata, con male parole che volano da una parte e dall’altra, e addirittura si arriva al punto che una di esse non esita un istante a lanciarci contro diverse pietre, peraltro anche abbastanza grandi, allo scopo di allontanarci.
Le pretate a noi?… A noi che le abbiamo inventate?… Allora è proprio vero che si shta’ffinì lu monn’!…
In attesa che si calmino le acque, e non è cosa facile (Ciro, Stani e Stefano “lu vastese” si stanno appiccicando furiosamente), ci spostiamo dietro la Curva Sud, ma è peggio ancora perché in mezzo al campetto abbandonato c’è una macchina ferma (superfluo specificare che è targata CH), dentro la quale stann’a zumpà alla grande … la macchina si trittica pure … Mah!… si vede che quel poveraccio avrà un arretrato di minimo due anni … Dopo neanche un minuto, visto che non ce ne andiamo, si abbassa il finestrino e la “brava signora”, con voce rauca e decisa (tipo Lina Lozzi), ci intima di allontanarci immediatamente … “sennò vi sparo”. Avendola riconosciuta, sappiamo che quella è capacissima di sparare per davvero, ma di andarcene non se ne parla proprio. Pertanto, dopo avergli risposto di non rompere … “sinnò t’arvutichem’ la machin’ …” proseguiamo senza problemi la nostra “opera d’arredo” dell’Adriatico; e ci mancherebbe altro?!
Oh … ‘ngi si po’ cred’!
Non è tutto. Mentre ce ne andiamo dal lato Distinti … stentiamo a crederlo!… troviamo parcheggiata una Mercedes abbastanza nuova targata BG … ma ti rendi conto? Praticamente una provocazione in piena regola. Né si può definire in altro modo un’auto targata BG che viene parcheggiata a pochissime ore da Pescara-Atalanta davanti ai cancelli dei Distinti, cioè in una zona dove non ci sono palazzi (e quindi potenziali parenti o amici), ma solo la pineta e le puttane che ci lavorano dentro.
Non posso dirti cosa sia successo, perché ho preferito andarmene per non vedere. Però, da quello che ho sentito mentre mi allontanavo, deduco che fra qualche giorno la Motorizzazione di Bergamo dovrà targare un’auto nuova in più.
Ma si può essere più polentoni di così?
Domenica, 12 giugno 1977
La migliore presentazione della partita questa volta è del Corriere dello Sport, che addirittura in prima pagina nazionale titola: “Ci voleva lo stadio Olimpico”, con riferimento alla richiesta di biglietti. E mi pare che non ci sia bisogno di aggiungere altro.
Finalmente svelato il mistero sull’arbitro designato: è Agnolin … Embè?… tutte ‘ste storie per Luigi Agnolin? Cosa sarebbe cambiato se l’avessero reso noto ieri, insieme a tutti gli altri della 37a giornata? Mah!… vacci a capire qualcosa.
Da Senigallia è arrivato un battaglione intero della Celere, chiamata a prendere servizio sin da ieri a tarda sera allo stadio Adriatico (ma noi non abbiamo visto nessuno), allo scopo di impedire sia lo scavalcamento notturno della recinzione (da parte degli innumerevoli tifosi senza biglietto), sia la “pressione di sfondamento” ai cancelli d’ingresso (come già avvenuto diverse volte in passato), nonché l’introduzione di tutti i corpi contundenti già elencati e vietati. E impedire il nostro contatto con i tifosi bergamaschi, naturalmente.
L’attesa è talmente spasmodica che (udite-udite!) persino Radio 2 s’è accorta di noi e ha rivisto la sua programmazione domenicale. Infatti, “Musica e Sport” inizierà eccezionalmente i suoi collegamenti con i principali campi della Serie B sin dal primo minuto del primo tempo (mai verificatosi prima d’ora), con ovvio e ampissimo spazio riservato ai due big-match in programma a Pescara e a Monza.
Dovrebbe far immenso piacere e riempirci d’orgoglio, ma la notizia finisce per acuire ancora di più la tensione, perché essere sotto gli occhi (e le orecchie) di tutta Italia significa mille cose, a cominciare dal “dover fare” assolutamente bella figura, per finire alla ghiottissima occasione di “vendetta in diretta” verso i “professori del Nord”; un’occasione irripetibile che ci viene offerta su un piatto d’argento.
Naturalmente, non possono mancare i caroselli imbandierati e strombazzanti che paralizzano il traffico di tutta l’area centrale. Questa volta partecipiamo anche noi, con il furgoncino “Rangers” e diverse altre auto addobbate come meglio non si potrebbe, grazie all’iniziativa (messa su a tempo di record) dal signor Manzo e da Erminio, a loro volta iper-stimolati dal riuscitissimo “funerale atalantino” messo in scena ieri da I Fedelissimi. È l’ennesima conferma di come l’esistenza di due gruppi ultras (o aspiranti tali) sia non solo positiva, ma addirittura “necessaria” per modernizzare e far crescere qualitativamente la tifoseria pescarese. E i primi risultati sono già visibili a tutti.
Del nostro gruppo, Ciro, Riccardo, Stani e Fabrizio sono saliti sul furgone, mente io, Maurizio “lu ruman”, Maurizio “monax”, Stefano, Aldo e Davide siamo con altre auto e motorini, tutti diretti verso Francavilla, dove sono in ritiro sia il Pescara che l’Atalanta. La quale Atalanta fino a ieri sera ha disperatamente cercato di farci credere di essere in ritiro a San Benedetto del Tronto; poveri illusi! Per cui, il festoso casino che stiamo causando è perlomeno raddoppiato.
È passato da poco mezzogiorno quando ci arriva notizia che davanti ai cancelli dell’Adriatico si sono già formate lunghissime code di tifosi, peraltro in crescita di minuto in minuto, tutti pronti ad assaltare i posti migliori delle gradinate, essendo quanto mai alto il rischio di dover poi restare in piedi sui corridoi per ore e ore sotto il sole cocente. E così, la festosità in cui siamo stati immersi fino ad ora lascia immediatamente il posto a un vero stato ansioso, perché è piuttosto semplice capire come oggi non si possa stare tranquilli neanche andando in Tribuna. E quindi, all’una meno un quarto decidiamo all’unanimità di lasciare le sfilate e avviarci a piedi verso lo stadio, facilitati anche dall’aver preparato già tutto il materiale sin da ieri sera.
Arriviamo allo stadio all’una e mezza, pensando di essere ancora in buon anticipo, ma i dintorni dello stadio confermano tutte le voci mattutine in proposito: una folla traboccante ha invaso l’intera area pedonale, in cui è stato trasformato il quartiere; come se i cancelli dovessero aprire tra dieci minuti al massimo, invece c’è ancora da aspettare parecchio.
Bandiere in numero impressionante e di tutte le dimensioni, nonostante il divieto di introdurre le aste dentro lo stadio, ma al limite vengono lasciate dentro le auto. L’importante è che ci siano per i … “sicuri” festeggiamenti del dopopartita … Questo incomprensibile divieto è un vero peccato perché, come già tre anni fa con il Lecce, oggi lo sventolio dell’Adriatico sarebbe un’ineguagliabile e inimmaginabile spettacolo nello spettacolo.
Alle due e cinque davanti ai cancelli non ci sono più file “normali”, ma vere e proprie masse di carne umana, urlante e strepitante. Direi sofferente. Il caldo si sta facendo insopportabile, tanto più in queste condizioni, perciò sarebbe davvero il caso che aprissero con un po’ di “caritatevole” anticipo.
Sembra che abbiano ascoltato le nostre implorazioni e, con un quarto d’ora di anticipo rispetto alle previste 14,30, si decidono finalmente ad aprire i cancelli, causando inevitabilmente una ressa spaventosa, ma che per fortuna non ha nulla di drammatico: per paradossale che possa sembrare, è una ressa “festosa”, affrontata con la gioia tipica di chi ha appena compiuto un’impresa: quella di riuscire ad essere dentro lo stadio.
Dentro il “recinto sacro” del tempio innalzato al nostro dio Biancazzurro.
Essere al di là di quel cancello significa in qualche modo far cominciare la partita, dunque far finire un’attesa snervante che dura non già da ore, ma da giorni.
Purtroppo, come già le volte precedenti, il “nostro” cancello viene aperto per ultimo (e dobbiamo ancora capire il perché), quindi ci ritroviamo inesorabilmente con lo stesso inconveniente delle altre domeniche: salite le scale quattro alla volta, e con un fiatone che farebbe stramazzare un bufalo, troviamo il nostro settore già in gran parte occupato. Tifosi felicemente seduti che improvvisamente si vedono costretti alla scelta più “drammatica” della loro vita calcistica: o restano in mezzo a noi, cioè in mezzo al casino più totale … e in piedi per tutta la partita … oppure si vanno a cercare alla svelta un altro posto … che non c’è, se non alle estremità della Tribuna superiore oppure sotto in Tribuna inferiore. Seguono le prevedibili risse (per fortuna solo verbali) e la contemporanea difficoltà nell’organizzare tamburi, striscioni, bandiere, eccetera.
C’è davvero da uscirne pazzi!
Per fortuna, questa è l’ultima partita casalinga! A partire dal prossimo anno calcistico dobbiamo rivedere con estrema attenzione un bel po’ di cosette, perché non è assolutamente possibile aggiungere sofferenza a sofferenza in questo modo. Io voglio continuare a credere che allo stadio si vada per vivere diecimila emozioni, magari l’una più forte e “unica” dell’altra, ma non per dannarsi l’anima come e peggio della più infernale settimana lavorativa.
Dopo neanche mezz’ora, le gradinate sono tutte stracolme in ogni singolo gradone o gradino esistente, e nei corridoi ci sono almeno cinque file di persone in piedi. Il sole picchia fortissimo, ma illumina di una luce specialissima tutto l’Adriatico, trasformandolo in un vero spettacolo di colori brillanti e luminosissimi. Perciò … chi se ne frega del caldo!?
Ancora una manciata di minuti, e in Curva Sud scoppia un gigantesco tafferuglio che coinvolge quasi l’intero settore. Tutta la Curva è in piedi, quindi dev’essere qualcosa di serio, ma non si capisce cosa. C’è chi dice che sono entrati i tifosi atalantini, ed è probabile, c’è chi dice che il nervosismo sta facendo azzuffare i pescaresi tra di loro, manco a dirlo per futili motivi, e anche questo è molto probabile, ben conoscendo i frequentatori di quella Curva: San Donato, Colli e Villaggio Alcyone.
Per adesso, riusciamo a mantenere la promessa (di tutto lo stadio) nel non fare tifo prima della partita. Ma poco dopo le 15,30 entra in campo il Pescara in borghese, per la rituale ispezione, e allora l’ovazione che strittica l’Adriatico non credo abbia precedenti; forse ho la memoria corta, ma non ho sentito niente del genere nemmeno il 9 giugno 1974. È un boato che sembra non voler finire mai. È molto più di quello che scuote uno stadio al gol decisivo. Segue un’esplosione di tifo all’unisono, da brividi, da restare paralizzati per la sorpresa e l’emozione, al punto che persino lo stupefatto Aggradi ci fa segno di risparmiare il fiato per dopo.
Perché mai dovremmo risparmiare il fiato? Questo è pur sempre incoraggiamento, sostegno, “carica” per la squadra in vista della partita, e non credo affatto che sia inutile; tutt’altro. Questo è un abbraccio fra l’intero Adriatico e la “sua” squadra.
Questo non è un saluto. Questo è un atto d’Amore.
Avvolto da una commozione che si taglia a fette, la solita domanda sorge spontanea: come potrebbe mai essere possibile non vincere oggi? Voglio dire: come potrebbe mai l’Atalanta uscire indenne da una fossa come questa? Impossibile.
Dopo circa una ventina di minuti, proprio mentre il Pescara si sta pian piano avviando a rientrare negli spogliatoi, dal tunnel sbucano timidamente i giocatori dell’Atalanta, anch’essi in borghese. Lo stadio non si è ancora accorto di niente, preso com’è dal patos affettivo verso i biancazzurri, ma noi e il gruppo di Ivo siamo tra i primissimi a scorgerli, grazie alle nostre postazioni che, tra le altre cose, ci consentono di vedere distintamente anche le loro facce spaurite. Di conseguenza, per ora siamo gli unici due gruppi a dare loro addosso con tutto il repertorio del caso: fischi, insulti, ululati e l’appropriata gestualità, il tutto accompagnato da un “equilibrato” lancio di oggetti che, in tali occasioni … non guasta mai; specie quando si è capaci di restare entro i giusti limiti.
Il nostro fermento diventa il segnale per tutto il resto dello stadio, che in pochi secondi avvista il nemico e gli vomita addosso un frastuono impressionante, composto da un uragano di fischi, migliaia e migliaia di fischietti, trombe, campanacci, sirene, trombette-spray, tamburi, piatti … qualsiasi cosa ti venga in mente stai pur sicuro che c’è … e si sente.
Sto pensando a cosa accadrebbe oggi se, invece di una “pista da ballo” all’aperto come l’Adriatico, avessimo uno stadio vero come quelli di San Benedetto, Taranto, Vicenza o Foggia …
Quest’accoglienza deve aver procurato davvero un pessimo effetto alla psiche dei giocatori nerazzurri, visto che Marchetti non trova niente di meglio da fare che rivolgersi a noi in Tribuna (essendo quelli più “vistosi” e vicini all’ingresso di maratona), mettersi due dita in bocca e iniziare a contro-fischiarci come non farebbe neanche il suo capo-ultras. Anzi, per completare l’opera, invita anche i suoi compagni di squadra a fare altrettanto, e due di essi (che non riesco a riconoscere) aderiscono immediatamente e senza alcun problema, rivolgendosi verso la Curva Nord e i Distinti.
Poveracci!…. Si illudono che, così facendo, il pubblico pescarese cada nel loro meschino e miserevole tranello, causando incidenti poi utili ad ottenere lo 0-2 a tavolino. Invece, stanno solo dimostrando quanto siano ingenui, ridicoli, “cascettari” e soprattutto cacasotto. Nemmeno in Serie D girone H si vedono più queste cose … Forse …
Le due squadre si avviano a rientrare negli spogliatoi quasi in contemporanea, ma se per il Pescara questo rientro è una sorta di “passerella” festosa e trionfante, per i poveri atalantini si trasforma velocemente nella peggior “via crucis” che un calciatore possa sperimentare in fatto di insulti, fischi e … oggetti che gli piovono addosso da tutte le parti. Non è quindi un caso se proprio in questo momento in Curva Sud scoppia un secondo tafferuglio, forse anche più vistoso del precedente, questa volta davvero per causa dei tifosi atalantini: ne sono appena entrati una trentina, comunque con cinque bandieroni molto grandi. Ma non avevano chiesto 2.000 biglietti e organizzato un treno speciale? Non dovevano arrivare a sfiorare le 5.000 unità, aggiungendo quelli con auto proprie, pullman e aerei vari? Forse gli altri 4.970 si sono attardati in qualche trattoria dove, finalmente, hanno scoperto com’è fatto e come si cucina il vero pesce?
E così, mentre i 4.970 “dispersi in guerra” si staranno gustando tutte le ineguagliabili meraviglie della cucina pesciarola, i trenta “eroi” avanguardisti devono caricarsi sulle proprie spalle tutto l’acre livore dell’Adriatico che, a distanza di quattro mesi, ricorda la partita d’andata come se fosse ieri. Vengono letteralmente scacciati (a brutto muso) in almeno tre tentativi di trovare posto, finché devono accontentarsi dei primi due gradini al centro della Curva (lo stesso posto dov’erano i vicentini), ma non passa neanche un minuto e tutta la Curva Sud è di nuovo in piedi: le mazzate “manc li can”!… poiché due di questi baldi giovanotti hanno la brillantissima idea di tirare fuori uno striscione con la pretesa di esporlo alla ringhiera del fossato. Il tutto si risolve in mezzo minuto d’orologio: striscione strappato via, dato alle fiamme e gettato dentro lo stesso fossato, i bandieroni ridotti a brandelli e i loro proprietari ridotti al più totale silenzio e immobilismo. Possono comunque restare a vedere la partita: ed è un impagabile privilegio per il quale potranno vantarsi vita natural durante.
Tutto assolutamente normale. Oserei dire logico. Perché sin da Adamo ed Eva l’uomo ha “dovuto” imparare sulla sua pelle che a questo mondo raccoglie sempre e solo quanto ha seminato.
Con un ritardo di circa venti minuti sul previsto (ore 16), inizia l’esibizione aerea organizzata per ingannare l’attesa: due aerei da turismo solcano il cielo sopra l’Adriatico, disegnando nell’aria la scritta “Pescara in Serie A” con la loro coda di palloncini e bandierine biancazzurre. Uno spettacolo che dapprima ci lascia stupefatti e poi fa esplodere un assordante “Si va-Si va-Si va in serie A”, cui partecipa tutto lo stadio indistintamente, persino la Tribuna inferiore … tanto per farti capire!…
Finita l’esibizione principale, uno dei due aerei improvvisa un fuori-programma per “scherzare” con la folla, ad esempio esibendosi in capriole e piroette pochi metri … sopra le nostre teste; basti dire che sta volando ben più in basso dei fari di illuminazione!… Ti lascio immaginare la strizza e la conseguente valanga di improperi (per usare un eufemismo) che si leva verso il pilota; l’unico che si sta divertendo in questo momento.
A un quarto d’ora dall’inizio della partita, lo speaker chiama il proprietario di un’auto targata TE da spostare con estrema urgenza, poiché ostruisce l’ingresso di Forese. Dall’intero stadio si leva una gigantesca esclamazione di vera pena per il malcapitato; mai nessuno fu più compatito.
Subito dopo, lo stesso speaker butta involontariamente benzina sul fuoco della tensione, di per sé già da “ultimo stadio”, leggendo un discorso (non s’è capito se suo personale o a nome di chi) con il quale ringraziare la squadra del Pescara, l’allenatore Cadè e la Società per le meravigliose imprese compiute quest’anno. Un discorso breve, ma struggente come non mai, al punto da commuovere inevitabilmente l’intero stadio, che infatti esplode in un fragorosissimo applauso senza che si levasse un filo di voce, a testimonianza di come tutti siano bloccati dal nodo in gola. Persino lui, lo speaker, di solito molto brillante e squillante, parla a voce bassa e roca; secondo me manca poco che scoppi in lacrime al microfono. Molti altri dei presenti lo stanno già facendo.
Questi sono i momenti in cui ancor più e ancora meglio ti accorgi di quanto sei innamorato del Pescara, del BiancAzzurro e di chiunque indossi la nostra Maglia per difenderla e Onorarla. In questo momento ti accorgi che Ami davvero, ti accorgi di quanto siano sfortunati coloro che affermano l’inesistenza dell’amore vero, evidentemente perché non l’hanno mai sperimentato.
È vero, il saluto di fine campionato è ormai una consuetudine che dura da decenni, ma una “cappa emotiva” come quella di oggi è impossibile da descrivere. Ecco, questa sì che è una “cappa” incombente sull’Adriatico, non l’ormai famosa, patetica e persino risibile “cappa di piombo” tanto cara al “magico duo”, al secolo i signori Falini e Patricelli che ci trascinarono in Quarta Serie in mezzo ad una serie sconcertante di ridicole giustificazioni. Spero davvero che oggi siano qui anche loro, affinché possano rendersi personalmente conto della differenza tra l’essere allenatore vero ed esserlo solo per hobby pomeridiano.
Seguono altri ringraziamenti vari, quindi il rituale “I dirigenti tutti della Pescara Calcio danno il benvenuto agli sportivi abruzzesi e ai graditi ospiti convenuti allo stadio Adriatico”. Una frase che, però, oggi assume tutto il carattere ironico di una “sceneggiata” ideata dallo stesso speaker per far subissare gli invisibili atalantini con una tempesta di fischi e insulti d’ogni genere; ed è esattamente quanto accade, con puntualità svizzera.
Alle 16,55 gli altoparlanti dello stadio interrompono finalmente il tormento della pubblicità, per lasciare il posto all’attesissimo momento delle formazioni. E qui scatta il vero capolavoro del nostro speaker; roba da maestri! Quella dell’Atalanta viene letta come fosse la lista dei caduti in un attentato brigatista. Ammesso che si sia capito qualcosa, per via dei fischi ora molto più assordanti di un’ora fa. Segue quella del Pescara, e lo stadio Adriatico piomba tutto di botto in un silenzio totale, di quelli che non esistono nemmeno in chiesa durante la Veglia Pasquale; è come se qualcuno avesse appena staccato la spina. In mezzo a questo “cosmo” irreale, ogni Nome Biancazzurro viene letteralmente urlato … ma urlato per davvero … facendolo seguire da un breve intervallo subito riempito da un “Olè” di tutto il pubblico (Tribuna compresa) talmente violento che, secondo me, sta facendo oscillare anche i fari di illuminazione. È la prima volta in assoluto che accade all’Adriatico, e forse proprio per questo ne resto impressionato dieci volte di più.
Peccato che non siano già entrati i giocatori. Ma poco male: boati del genere si saranno sentiti anche alla periferia di … Spalato, figurarsi sotto gli spogliatoi!… Anche perché, chi non ha sentito con le orecchie ha per forza dovuto “sentire” con i piedi, sotto i quali il suolo ha vibrato al settimo grado della scala Mercalli. Ne tengano conto i futuri progettisti di stadi, soprattutto chi avrà l’immane compito di farne il calcolo strutturale: lo stadio non è un teatro. Uno stadio non viene “caricato” solo dal proprio peso, da quello delle intemperie e della folla. Le gradinate di uno stadio vengono “caricate” soprattutto dall’Amore che quella folla esprime e, date retta a me … raddoppiate la sezione della struttura, triplicate l’armatura in ferro, curate con pignoleria la qualità del cemento, se volete evitare sorprese tanto imprevedibili quanto spiacevoli.
Alle formazioni delle squadre segue il famoso “ondeggiare” inglese che, partito come al solito dal gruppo di Ivo, si espande a macchia d’olio per tutto il resto dello stadio, da cima a fondo, in lungo e in largo, compresa la Tribuna superiore che, detto per inciso, ci stiamo trascinando dietro come nemmeno noi stessi avremmo mai immaginato di poter fare. In un attimo, l’Adriatico si è trasformato in un piccolo Wembley, ma quello del derby England-Scotland, per intenderci.
Le due squadre sbucano dal tunnel della maratona, e per l’Adriatico è un altro severo “collaudo” strutturale: se regge alle “scosse” di questo boato significa che è stato progettato e costruito a regola d’arte; dopo di oggi potrai anche bombardarlo con un’atomica, ma gli farai solo un po’ di solletico.
Impressionante.
Iniziata la partita, il tema dominante è chiarissimo sin da subito: in mezzo ad un tifo da fantascienza per compattezza e calore (… e dopo che siamo stati tre ore a “cuocere” sotto il sole!… ), il Pescara attacca a testa bassa e l’Atalanta si difende in blocco; non si sa se perché costretta a farlo oppure perché la “Titta band” è scesa in campo già con questa precisa intenzione. Poco importa: li schiattem’ lu shtess!
Sono passati solo tre minuti quando Prunecchi raccoglie un corner e spara al volo, ma il portiere atalantino Pizzaballa riesce a deviare sulla base del palo. Urlo del gol strozzato in gola ai 30.000, ma anche entusiasmo a mille: se questo è l’inizio, le promesse della vigilia verranno di certo mantenute, e oggi gliene facciamo minimo tre.
Prunecchi è indiavolato. Irriconoscibile nel senso più buono del termine. Entra in scivolata su un cross e Pizzaballa salva per miracolo. Ancora pochissimi minuti e aggancia un altro cross in splendida rovesciata: l’abbiamo già vista dentro, soprattutto la Curva Nord che salta per aria come una polveriera, ma la palla sfiora la traversa.
Non passano neanche cinque minuti e segna La Rosa, ma il gol viene annullato tra l’incredulità generale. Nessuno riesce a capire il perché di questo annullamento, e il mistero è reso ancor più grande dalla debolissima protesta biancazzurra, segno evidente che la motivazione è piuttosto chiara, ma noi dagli spalti, da tutti gli spalti, non abbiamo visto alcuna irregolarità. Per cui, ora il nervosismo supera di molto il limite di guardia, poiché questo potrebbe essere il primo segnale di una partita da giocare 11 contro 12, ovvero contro la più “intoccabile delle intoccabili”; come del resto s’era abbondantemente capito durante tutto il campionato.
Ventesimo: altro tiro al volo di Prunecchi e palla di nuovo a fil di traversa.
Un minuto dopo miracolo di Pizzaballa, che ferma sulla linea bianca una bomba di Zucchini.
Lo vedi che non esageravamo affatto? Li stiamo schiattando sul serio, forse ancor più del preventivato, ma la palla non entra; ora si ferma alla base del palo, ora svernicia la traversa, ora si ferma sulla linea bianca, ma non entra.
E l’Atalanta? Boh!… In avanti c’è il solo Bertuzzo, lasciato come un disperato a far finta di attaccare (???), ma di fatto, sta a centrocampo e non ha ancora toccato una palla. Dunque, volente o nolente Andreuzza si ritrova a fare il secondo centravanti del Pescara. Per il resto, Fanna fa da spola … verso il nulla, e tutti gli altri fanno “barriera” davanti a Pizzaballa. Tutta qua, la “grande” e miliardaria Atalanta, quella che doveva essere matematicamente in Serie A già a Pasqua.
Alla mezz’ora Nobili ha la palla giusta per sparare al volo da più di 20 metri, Pizzaballa para volando da un palo all’altro, non si sa fino a che punto per vera necessità o per fare un po’ di teatro.
Passano cinque minuti e Zucchini può colpire di testa con potenza e precisione … “alla Zucchini”, insomma … Pizzaballa cerca di respingere a mano aperta, ma la palla rimbalza senza dubbio dentro la porta (seppure di pochissimo) e viene subito rinviata da un difensore appostato nei pressi. Agnolin dapprima resta incredibilmente ingannato (… “fatto fesso”, direbbero a Napoli), poi se ne accorge e cerca di mascherare la figuraccia assegnando una punizione all’Atalanta per … “precedente fallo di Andreuzza” … Andreuzza? Il giocatore distante più di 10 metri dall’azione!?…
Ci prova ancora Nobili da lontano, convinto che la fortuna di Pizzaballa debba pur finire prima o poi, ma questa volta respinge Mastropasqua a non più di mezzo metro dalla linea di porta. Del resto, con nove nerazzurri in pianta stabile dentro l’area, è ovvio che qualcuno ci sia sempre sulla linea. Un difensivismo sconcertante, che farebbe arrossire anche il miglior Tom Rosati. Ed infatti, sono passati meno di 40 minuti; ma il Pescara ha già battuto 8 corner!
Un primo tempo da 3-0 netto che si conclude sullo 0-0 è, per certi versi, un brutto segno poiché ti fa subito pensare alla classica giornata storta. Anche perché si fa strada un altro dubbio: il Pescara ha forse già dato tutto nei primi 45 minuti?
Durante l’intervallo, si notano diversi ospiti qua e là. Per esempio, in Tribuna inferiore (proprio sotto di noi) ci sono il libero foggiano Pirazzini e Franco Rosati con moglie e figlio, relegati addirittura al primo gradino, evidentemente perché hanno preso un po’ troppo alla leggera la “corsa al posto”.
I timori sul secondo tempo biancazzurro vengono subito dissolti: dopo neanche un quarto d’ora abbiamo già creato altre tre limpide occasioni da gol, di cui due a seguito di altrettanti capolavori di Nobili su calci piazzati, ancora una volta sventati da Pizzaballa … alla faccia dei suoi 38 anni!
Intanto, numerosi palloncini bianchi e azzurri, utilizzati dai tifosi della Nord e dei Distinti per la coreografia d’apertura, vengono sospinti in campo dal vento e Agnolin è costretto a sospendere la partita per farli scoppiare, aiutato da alcuni giocatori dell’Atalanta, poiché quelli del Pescara si rifiutano e restano a guardare.
Metà secondo tempo: Prunecchi non ha alcuna intenzione di rallentare la sua furia, carpisce la palla a un atalantino e s’invola da solo verso Pizzaballa, ma Tavola fa appena in tempo ad atterrarlo senza complimenti poco fuori l’area. La successiva punizione è senza esito.
Ti giuro che non ti sto nascondendo neanche mezza azione atalantina, è che … semplicemente non esistono! Non posso raccontarti ciò che non esiste. L’Atalanta, la “grande” Atalanta che non ha paura di nessuno, ha superato la linea di metà campo due volte contate in 70 minuti, e in entrambe le occasioni non è riuscita ad arrivare neanche al limite della nostra area.
Cadè decide di sostituire La Rosa con Di Michele, e noi tifosi non la prendiamo benissimo, temendo un calo di incisività, vuoi perché Giacomo sta giocando benissimo, vuoi perché Mimmo, in quanto pescarese purosangue, potrebbe risentire troppo dell’emozione. Invece, è sempre il Pescara ad avere ancora due nitide palle-gol, contro un solo tiro pericoloso di Bertuzzo che conclude l’unico contropiede riuscito (alleluja!… ) all’Atalanta. Se non fosse per questa isolatissima azione nerazzurra, Piloni avrebbe potuto benissimo portarsi costume da bagno e sdraio per tutto il secondo tempo; di fatto, sta sudando molto più stando fermo sotto il sole che non per la partita in sé.
Contro il muro di “cemento armato” eretto davanti a Pizzaballa, contro il più vergognoso dei catenacci di “alessandrina” memoria, contro chi “gioca a non far giocare” e, se necessario, mena senza tanti complimenti, che speranze puoi avere? Per cui, anche il tifo ne risente e, pian piano, restiamo solo noi ad incoraggiare la squadra come e più di prima, mentre tutto il resto dello stadio si limita ad “accompagnare” le azioni, ritenendo ormai lo 0-0 già scritto da un Destino avverso.
E il 90° arriva quasi senza che ce ne accorgessimo. Sì, perché ora che non vinciamo, ora che i minuti ci servono come l’aria per respirare, le lancette corrono a velocità supersonica. Il 90°, appunto: il momento in cui tutti i timori sulla classica “giornata nera” si materializzano in un istante.
Come d’abitudine, tutto lo stadio è già in piedi da diversi minuti in attesa del triplice fischio, ma i Biancazzurri in campo non si arrendono. Men che meno si arrende Zucchini … Vincenzo non si è mai arreso, figurarsi se lo fa proprio oggi!… Oggi che c’è da mantenere fede al proposito espresso con straordinaria fermezza in settimana: “Voglio di nuovo segnare il gol-promozione, come ho già fatto quel 9 giugno di tre anni fa”.
Ruba una palla a centrocampo, avanza di quel tanto che basta, nessun nerazzurro lo contrasta perché sono tutti rintanati nella propria area, e allora Vincenzo sceglie l’unica cosa da fare in un “momento” del genere: bomba verso la porta, con tutta la rabbia e la forza della disperazione che si possono avere dopo una partita come questa. Magari, chissà: una deviazione, un rimpallo, un “roncio” di qualche difensore, una papera di Pizzaballa … insomma, tutto è possibile, ma solo se ci si prova.
Niente di tutto questo: la palla ha incredibilmente trovato l’unica minuscola fessura che il “muro nerazzurro” presenta in questo “momento”, e sta avviandosi con precisione millimetrica nell’angolino sinistro della porta, quella sotto la Curva Sud. Pizzaballa tenta l’ultimo e decisivo miracolo della giornata, quello (senza virgolette) che evidentemente passerebbe alla storia dell’Atalanta Calcio. Ma i miracoli non si ripetono con la frequenza che si vorrebbe, nemmeno nel calcio. La muraglia umana, quella stessa muraglia umana che lo ha ermeticamente protetto per 90 minuti, ora lo copre, gli ostruisce la vista dell’azione, e lo costringe a buttarsi con inevitabile ma decisivo ritardo. Si è allungato come e più di Tiramolla, ma la sua mano tesa non riesce a toccare la palla, che quindi prosegue la corsa verso l’inarrivabile angolino sinistro.
“E’ gol”!
Non serve aspettare che la palla varchi la linea bianca; è troppo ovvio che sia gol.
Ecco: ora la palla toccherà la rete della porta, ne provocherà quel soave e magico “ondeggiare”, e noi tutti saremo in Paradiso, pur restando saldamente con i piedi su questa Terra. Anzi, su queste gradinate.
È la prima vittoria al 90° del Pescara da quando vado allo stadio (Atalanta e Vicenza, invece, quest’anno ci hanno fatto l’abitudine …), ma è soprattutto il “Gol della Serie A”, il Gol di diecimila e più rivincite contro un’infinità di eventi contrari, contro loschi personaggi ancor più contrari e sparsi lungo tutto lo Stivale. Perciò, l’intero stadio esplode in un boato di una potenza emotiva che non sentirò mai più in vita mia, qualunque cosa accadrà nella storia del Pescara da oggi pomeriggio in poi. Te lo puoi solo immaginare: il gol della Serie A, della nostra prima Serie A, che arriva al 90°!… Roba da colpo mortale al nostro già massacrato cuore.
Ma …
Ma … con undici nerazzurri in area di rigore, vuoi che non ce ne sia almeno uno appostato sulla linea di porta? Cerrrrrto che c’è!… si chiama Rocca, Antonino Rocca da Castrovillari (CS), la loro mezzala destra che, trovandosi comunque troppo distante dalla palla, fa la sola cosa possibile: allungare la gamba sinistra d’istinto, andando molto oltre il rischio di “scacchiarsela” dall’anca, nell’utopistico tentativo di arrivare là dove è geometricamente impossibile arrivare.
Con la punta del piede,
niente più che con l’estrema punta della scarpetta, riesce a sfiorare (non a toccare) la palla, procurando quello “spostamento d’aria” sufficiente a deviarne la traiettoria di due centimetri. Due centimetri, giusto quelli necessari per farla finire al di là del palo, anziché al di qua.
Rocca devia con la punta del piede il tiro di ZUCCHINI!
Non è gol.
È corner. Corner: come le corna di questo “stramaledetto” Antonino Rocca (calcisticamente parlando, s’intende), sempre lui, ancora lui. Quello che già tre anni fa ci fece dannare quando indossava la maglia dell’Acireale, quello che già due anni fa ci fece dannare con la maglia del Novara addosso, quello che già nella partita d’andata ci fece dannare, segnandoci pure il primo dei due gol atalantini, quello che durante questo campionato ha già salvato sulla linea altri tre gol in maniera del tutto analoga. Quello che di fatto ci ha segnato anche oggi, perché salvare un gol del genere equivale esattamente a segnarne uno. Quello che … sarebbe bastato avesse un solo misero numero in meno di scarpe, un 41 invece di un 42, e il decisivo “spostamento d’aria” non ci sarebbe stato. Quello che, insieme a Chimenti e Valsecchi, si sta confermando a tutti gli effetti la nostra terza “bestia nera”; uno di quei misteri che solo il Calcio riesce a produrre, senza tuttavia darne mai alcuna spiegazione.
La scena che segue è al di fuori di ogni immaginazione, ma purtroppo anche sufficiente a spiegare l’intera partita. Oserei dire l’intero campionato.
Rocca, ancora lui, sempre lui. Ora si butta a terra, piegato su se stesso, e con la testa tra le mani piange come un bambino per lo scampato pericolo. Allo stesso tempo, mezza squadra atalantina si sta addirittura disinteressando del conseguente corner (che pure costituisce un potenziale pericolo) per correre ad abbracciarlo, proprio come se avesse appena segnato il gol della vittoria nella finale di Coppa dei Campioni. Perché questo è, t’assicuro. Mentre l’altra metà della squadra nerazzurra innalza lo sguardo al Cielo, evidentemente per iniziare una Preghiera di Ringraziamento senza fine.
In contrapposizione, mezzo Pescara imita Rocca per motivi “molto” diversi, tra cui Prunecchi che, almeno dagli spalti, appare il più disperato in assoluto. Gli altri biancazzurri rimangono impalati in mezzo al campo come soldatini di piombo, impossibilitati a credere d’aver visto davvero ciò che purtroppo è accaduto e hanno visto.
Ma il vero shock emotivo si materializza proprio sugli spalti, sconfinando inevitabilmente nel più drammatico del tragicomico … e non è solo un gioco di parole, credimi. Metà stadio resta altrettanto muto e impietrito (vedere le immagini in TV per credere), mentre l’altra metà non si è accorta di cosa ha combinato Rocca e sta ancora urlando all’impazzata, con baci e abbracci per festeggiare il “gol della Serie A”!… del quale il visibilissimo shock dei giocatori atalantini diventa la migliore conferma possibile. Nessuno si sta rendendo conto che quello shock è purtroppo di tutt’altro “tipo” e, soprattutto, nessuno di questa metà stadio si sta rendendo conto che non un solo biancazzurro sta festeggiando.
A svegliarli, e a svegliarci, arriva il triplice fischio di Agnolin, per l’occasione quanto mai sonoro, seguito immediatamente dalle urla di gioia dei nerazzurri e della panchina, scattata in blocco verso il campo come se fosse stata catapultata da una molla. Tutti ad abbracciare Rocca, vero e proprio autore di un vero e proprio “gol-promozione”. Vero e ineguagliabile eroe del XX secolo atalantino.
Ai giocatori biancazzurri, invece, non resta che ripetere le scene di trenta secondi fa, in una replica che racchiude quanto di più “disperato” possa esserci in una partita di calcio.
Subito dopo, grazie ad uno spirito di reazione semplicemente esemplare, si raccolgono tutti a centrocampo, Cadè e panchinari compresi, con le braccia levate al cielo in segno di ringraziamento e di commiato verso il pubblico. Un commiato già di per sé momento tristissimo, poiché non sappiamo chi di essi rivedremo ancora su questo terreno fra tre mesi, ma oggi reso insopportabile da una sofferenza interiore probabilmente nuova per tutti noi 30.000: un’esperienza emotiva impossibile da descrivere, poiché perfetto e micidiale misto tra rabbia “gelida”, quella che ti paralizza la circolazione del sangue, e “rovente” Amore verso una squadra che ha dato molto più di quanto ci aspettassimo noi stessi. E allora, da tutti i settori si leva all’unisono un assordante “Pe-sca-ra-Pe-sca-ra-Pe-sca-ra” che, data la particolarità del momento, acuisce a dismisura la commozione.
Il messaggio è fin troppo chiaro: non è finita! State pur certi che non finisce qua.
Guardali ora, mentre rientrano a testa bassa negli spogliatoi, e poi sappimi dire che sensazione ne ricavi. Guarda quelle undici Maglie Biancazzurre, dentro le quali solo in apparenza ci sono undici giocatori. In realtà, quegli undici siamo tutti noi. Tutti noi 30.000 qua dentro e gli altri innumerevoli fuori di questo stadio.
Noi 30.000 appunto, che restiamo inchiodati sugli spalti ancora per diversi, lunghi, interminabili minuti. Chi si accascia sui gradoni dell’Adriatico con la testa tra le mani. Chi resta in piedi con lo sguardo allucinato nel vuoto. Chi bestemmia tutto il calendario. Chi resta muto per scelta o per necessità. Chi balbetta frasi senza senso. Chi ricade di peso sui gradoni, indeciso tra l’uccidersi all’istante o continuare a piangere per una settimana intera. Chi ha uno scatto di nervi verso l’uscita, ma poi fa repentino dietrofront e torna al suo posto, sopraffatto dalla tragica illusione di una partita ancora in corso, di un risultato ancora modificabile.
L’accettazione è impossibile.
Tu puoi metterci tutta la razionalità e la buona volontà di questo mondo, ma oggi è impossibile.
Adesso, in questo preciso istante, noi tutti dovevamo essere fuori di qua, lungo le strade a festeggiare una promozione pressoché matematica. E invece, guarda come siamo ridotti! Guarda con quale amarissima realtà abbiamo a che fare!… Per la punta di una scarpetta da calcio che, forse, sarebbe bastato fosse di una marca diversa e adesso tutto sarebbe meravigliosamente diverso.
Una bordata furiosa di fischi sull’Atalanta che esce dal campo, e poi lo stadio inizia a sfollare in un silenzio che molto probabilmente non esiste nemmeno nell’oltretomba. Siamo rimasti praticamente solo noi, attardati a togliere striscioni e tamburi, ma più verosimilmente incapaci di lasciare questo posto. Uscire di qua significa automaticamente sigillare e accettare quanto appena successo, e noi non possiamo farlo; non è che non vogliamo: non “possiamo”.
Il signor Manzo, sempre pronto a reagire, a guardare avanti e a scovare dappertutto il lato positivo, cerca disperatamente di farsi e farci coraggio “assicurando” che domenica prossima vinciamo a Ferrara e in Serie A ci andiamo lo stesso. Ma sappiamo tutti, lui per primo, che non è come tre anni fa: allora vincere a Latina era scontato e sufficiente per togliersi dalle palle il Lecce, adesso vincere a Ferrara non è affatto scontato e, soprattutto, potrebbe bastare solo per andare allo spareggio … miracoli a parte, ai quali però in questo momento non crede nessuno.
Facciamo tutto molto lentamente. Ci sediamo di nuovo sulle gradinate. Gettiamo occhiate malinconiche sul prato ormai vuoto. È vuoto non perché le squadre devono ancora entrare, come stiamo desiderando ardentemente, ma perché sono già uscite; lo capisci dai colori infuocati dell’imminente tramonto, dalle luci caldissime, dalle ombre allungate che stanno chiudendo il sipario sull’Adriatico 1976-77.
Dobbiamo andare. È ora di andare davvero; del resto, che senso ha torturarsi in questo modo?
Un ultimo sguardo alle gradinate, come per salutarle in ogni singolo gradino. Gradinate ormai completamente vuote e in ombra, ma la cui immutabile magia riesce a rendere gioioso ed emozionante anche quel loro colore grigio, che pure dovrebbe essere il più triste esistente in Natura.
Un ultimo sguardo al campo, che proprio ora sta assumendo una tonalità di verde-smeraldo da far stringere il cuore. Un saluto al candido colore bianco delle due porte, anche a quella della Curva Sud, stesso indimenticabile scenario di tre anni fa: allora il tiro di Zucchini non incontrò nessuna punta di scarpetta, oggi sì … Ma non è certo colpa di quei pali e di quella rete se è finita diversamente.
Arrivederci, nostro adorato Adriatico.
Arrivederci a fra poco più di due mesi … chissà con quali partite, chissà di quale campionato.
Chissà … (qui per la puntata successiva)
Gabriele (“Gaby”) Orlando
[estratto dal (mio e vostro) diario del PESCARA RANGERS]
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