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28/10/2020

Sabato, 29 ottobre 1977 – 
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(…) Nonostante le roventi polemiche della tifoseria per il fallimentare … anzi inesistente … Calciomercato-bis, l’organizzazione della nostra prima trasferta all’Olimpico è proseguita alla grande e si è conclusa alla grandissima, come è d’abitudine per noi Pescaresi che (lo sanno anche i bambini, ormai) non conosciamo le insignificanti mezze misure: o tutto, o niente.
Impossibile contare quanti pullman sono in partenza per Roma, perché in via ufficiale si sa solo che quelli del CCCB sono 28, altri 4 sono i nostri dell’Excelsior-Rangers, 4 anche de I Fedelissimi, altri 3 delle Brigate di Zazzà, 3 delle Donne Biancazzurre e ben 5 pullman dell’agenzia Carinci … ad ennesima testimonianza di come sia numerosa quella fetta di tifoseria che scambia ogni trasferta per “gita di piacere e di cultura”; e Carinci non fa altro che accontentarli, ovvio.
Mah!…
A questi pullman ufficiali bisogna poi aggiungere tutte le organizzazioni autonome, cioè dei Clubs non iscritti al CCCB e dei circoli nei vari paesi della regione. Senza contare che la stragrande maggioranza ha scelto di andare con le auto private. Infine, non si può quantificare la partecipazione degli abruzzesi residenti a Roma. Dunque, forse non saremo 20.000, come scrive oggi Il Tempo addirittura in Cronaca di Roma, ma a 10.000 ci arriviamo comodamente. 10.000 tifosi al seguito di una squadra data per retrocessa già ad agosto da tutti i laureati in “preveggenza contemporanea” con il dottorato in “profetizzazione calcistica”.
Sono arrivati anche i biglietti dello stadio, e con essi anche gli immancabili “tafferugli verbali”, nel caso specifico talmente infuocati che per un pelo non si sono trasformati in “non verbali”.

Primo motivo di casini. È subito venuto fuori il teorema di coloro che sanno sempre tutto di tutti: “Se i romanisti hanno la Curva Sud, i laziali hanno ovviamente la Curva Nord. Perciò, noi dobbiamo andare in Curva Sud”. Sono gli stessi che appena qualche settimana fa, in occasione della trasferta a Torino, insistevano convinti: “Dobbiamo andare in Curva Maratona, quella juventina, perché se il vecchio stadio del Torino si chiama Filadelfia, è ovvio che i tifosi granata abbiano la Curva Filadelfia” … E quando, arrivati al Comunale, davanti alla realtà abbiamo dimostrato l’abissale cazzata della loro teoria, i nostri “maestri di vita” hanno continuato ad insistere: “Ma lo vuoi dire a me, che a Torino ci sono già stato dieci volte”?
Quindi, figurati se anche per la trasferta a Roma non spuntava il “tuttologo” che … “Lo vuoi dire a me, che ho abitato a Roma più di dieci anni”?
C’è voluta tutta la pazienza di questo mondo, e anche un po’ di più, per far capire che Roma è un caso molto particolare, poiché entrambe le tifoserie ultras hanno la Curva Sud. Una coabitazione iniziata spontaneamente con la costruzione dell’Olimpico, quando sia i laziali che i romanisti scelsero per comodità la Curva Sud, essendo quella che si incontra per prima arrivando dal centro città, e successivamente nessuna delle due l’ha voluta lasciare all’altra. Solo in occasione del derby i laziali si spostano in Curva Nord … anche quando il calendario glielo assegna “in casa”, e mi pare un’umiliazione non da poco, ma saranno fattacci loro.
Niente da fare! Nessuno ci credette alla vigilia di Torino, e men che meno credono ora ai nostri avvisi riguardanti l’Olimpico. Fino a quando il signor Manzo ha alzato il telefono per chiamare il Centro Coordinamento dei Lazio Clubs, più che altro per porre fine alla discussione; un po’ come si fa con i bambini invocando l’arrivo risolutore del “lupo cattivo”. Invece del lupo cattivo è arrivata la conferma del presidente dei Lazio Clubs: le cose stanno esattamente come diciamo noi. Ma guarda un po’!…
Credi che si sia risolto tutto? Neanche per idea! I “maestri di vita” che, purtroppo, affiancano (e influenzano) il signor Manzo, continuano ad insistere anche davanti all’evidenza: “Il presidente dei Lazio Clubs si è sbagliato … o forse non ci siamo capiti”.
Non è una barzelletta (che peraltro non fa ridere nessuno); è la disarmante realtà.

Secondo motivo di casini. Com’è ormai tristemente noto, le Donne Biancazzurre sono a capo di un non trascurabile gruppo di “tifosi vip” (o presunti tali) che schifano la Curva anche al solo nominarla, perciò ad ogni trasferta inventano qualsiasi scusa per stare … “distinti” e distanti da essa, ovvero dalla “plebaglia” che la frequenta. Figuriamoci!… allora, se in un’occasione come questa si lasciavano scappare l’irripetibile ed “erotico” privilegio di andare nella ben più chic “Tribuna Tevere non numerata”. Anzi, non contenti, circa 300 di loro hanno appositamente richiesto i biglietti per la costosissima “Monte Mario”, cioè per la più grande fregatura che esista negli stadi italiani, giacché ti fanno pagare il doppio per un settore che non ha niente di più e niente di meno della Tribuna Tevere, ma … vuoi mettere!?… Già il solo nominare “Monte Mario” … tutt n’atru pass, no?
Appena l’abbiamo saputo, cioè subito, ci siamo fatti sentire “energicamente” anche con loro, in nome della necessità di fare sempre e comunque gruppo unico, tanto più all’Olimpico dove il rischio di “dispersione” è molto alto, data la grandezza dello stadio. Tutta fatica sprecata! Anzi, ci siamo sentiti rispondere il solito, provincialissimo e ingenuo ritornello: “Saremo tantissimi, perciò è meglio spandersi nei vari settori dello stadio, così il nostro tifo dominerà più facilmente”.
Cioè … qua c’è gente, troppa gente, che è ancora convinta di andare in trasferta a Ferrara o a Frosinone, e che non riesce a capire l’enorme differenza tra 10.000 pescaresi a Perugia o a Bologna e gli stessi 10.000 in uno stadio che ne contiene otto volte tanto.
Abbiamo sognato per tutta la settimana di realizzare un gruppone unico che occupasse ben più di mezza Curva Nord (escludendo l’improponibile parterre), così da dare vita ad una sorta di “derby” tra le due Curve, ma è evidente che ce lo possiamo scordare, oggi come anche in futuro, finché avremo a che fare con questa mentalità purtroppo ancora da Serie C, nonostante i tre campionati di Serie B vissuti in un crescendo trionfale, e che speravamo avesse insegnato qualcosa.
Pura illusione.

E qui si introduce il terzo motivo di casini. È il solito, ma proprio per questo sta diventando sempre più irritante.
Il signor Manzo e il suo clan di “maestri” sono tornati alla carica con la massima convinzione ed insistenza possibile per farci portare all’Olimpico lo striscione nuovo e tutti i tamburi. Naturalmente, noi del “gruppo-capo” ci siamo opposti con altrettanta decisione, facendo notare che (tra le altre cose) questa trasferta resta comunque una grossa incognita, giacché la tifoseria laziale è una delle più indecifrabili d’Italia. C’è chi dice che è “tosta”, per via dell’età media elevata e della militanza politica (di estrema Destra), e chi invece assicura che, nonostante tutto, all’atto delle cose si rivela una massa di babbei. Chi dice che i laziali “sbavano” verso altre tifoserie marcatamente di Destra, e chi invece fa notare la loro totale allergia ad ogni possibile amicizia o gemellaggio. Chi dice che quantitativamente sono più o meno come i romanisti, e chi invece ne ha “contati” sì e no la metà. Chi dice che hanno un tifo moderno e spettacolare, e chi invece dimostra (con i fatti) che sono capaci solo di copiare … di copiare talmente male da essere diventati la barzelletta della Serie A. Come del resto conferma la “cacciata” dalla Curva Sud in occasione dei derby.
Insomma, proprio perché tra Pescara e Lazio non c’è alcun precedente di campionato, non possiamo avventurarci in nessuna previsione. Lo ripeto fino allo sfinimento: stiamo andando a Roma, non a Reggio Emilia o Avellino. Esattamente come “predicavamo” sei settimane fa: stiamo andando a Torino … il Capoluogo del Piemonte! (avete presente?) … non Torino di Sangro, Termoli o Sant’Egidio alla Vibrata.
Anche in questo caso, tutto fiato sprecato: il signor Manzo non vuole sentire ragioni e, pur di imporsi, non esita a buttarla sul lacrimevole: “Lo striscione nuovo mi è costato una barca di soldi … che ho tirato fuori di tasca mia per esaudire le vostre insistenze … Che l’abbiamo fatto a fare, se non volete portarlo da nessuna parte”?… e altre cose di questo genere.
La nostra opposizione si fa ancor più dura a proposito dei tamburi; anzi, per quel che mi riguarda, potete insistere quanto vi pare, ma non se ne parla neanche. Siamo ancora troppo inesperti (di Serie A) per andare a Roma con 8 tamburi; e io questa responsabilità non me la prendo.
In appoggio al signor Manzo interviene Luigi il “tesoriere”, per iniziare la sua consueta “omelia” paterna con cui rassicurarci sulla “giornata all’insegna dello sport” che ci attende, e dalla quale (… udite-udite!… ) potrebbe scaturire anche un’amicizia “tipo Vicenza”, grazie alla mancanza di precedenti, ai colori in comune, all’avversità verso i romanisti e a … “convergenze politiche”(???). Anzi, per dimostrarci questa sua “sicura sicurezza”, ci annuncia che domani verrà a Roma con noi, sia sul nostro stesso pullman sia in Curva.
Assolutamente splendido! E non credo sia necessario specificare il perché.
Nel frattempo, i miei dubbi non si sono dissolti. Sono raddoppiati.

Domenica, 30 ottobre 1977
La partenza per Roma, ovviamente fissata dall’Excelsior, inizia “non benissimo”, per usare il consueto e delicato eufemismo, giacché al nostro arrivo troviamo Renato, Ettore e Michele che hanno già caricato sul pullman a noi riservato (il numero 1) sia lo striscione nuovo sia gli 8 tamburi, dietro preciso ordine. E c’è ben poco da protestare, perché poco dopo arriva il signor Manzo in persona, che stamattina sull’argomento è più “incazzoso” di ieri; per cui, decidiamo di desistere, onde evitare di rovinarci la giornata prim’ancora di cominciarla. Tanto più perché adesso anche alcuni del nostro “gruppo-capo” cominciano a dargli ragione, primi fra tutti Riccardo, Gianfranco, Sandro e “smarfulome”, tutti neo-iscritti al “club” di quelli che … “Siamo in diecimila, perciò comandiamo anche a Roma senza problemi”.
Esattamente come se stessimo per andare a Cesena; né più né meno.
Purtroppo, è solo l’inizio.
L’autostrada per Roma è tutt’ora aperta solo a tratti, così siamo costretti a “goderci” alcune “meravigliose gimkane” di montagna, specialmente tra Cocullo e Avezzano, ma riusciamo comunque ad arrivare in tre ore e mezza; di per sé un mezzo miracolo. Sono infatti le 11,30 quando imbocchiamo la sopraelevata (da queste parti nota come “piccolo raccordo anulare”) che conduce al Foro Italico, ma l’autista, invece di uscire alla Farnesina, e arrivare così direttamente sotto la Curva Nord, decide inspiegabilmente di proseguire.
Addò cazz stem’a ij!?
Torna alla carica il buon Luigi (il “tesoriere”) per frenare le nostre accalorate proteste e rassicurarci sull’indiscutibile esperienza dell’autista … che fa questo mestiere da anni e anni, che è venuto a Roma innumerevoli volte e che quindi saprà bene cosa sta facendo. Sarà anche vero, ma a me pare l’esatto contrario: questo qui sarà esperto di pellegrinaggi a San Pietro e dei mercatini a Piazza Navona, ma dell’Olimpico non ha la minima idea, e finirà per metterci in un mare di guai. E infatti!… “l’esperto autista” esce dalla superstrada nel luogo più sbagliato del mondo: il parcheggio del Foro Italico, proprio dietro la Curva Sud!
Sì, perché i nostri “maestri di vita”, continuando a deridere i nostri avvisi, gli hanno detto di portarci in Curva Sud, giacché i laziali hanno la Nord … ovvero che il Presidente dei Lazio Clubs si è sbagliato!
No comment!
Dunque, ricapitoliamo. Prima trasferta a Torino, e “l’autista esperto” di turno parcheggia dietro la Maratona … “juventina” (!!!) … Seconda trasferta a Vicenza, e il suo “collega esperto” parcheggia dietro la Gradinata Sud … come se fosse quella di Vasto. Terza trasferta a Roma, e il “top manager” degli esperti parcheggia dietro la Curva Sud … Ma lo fate apposta? O cos’altro? Non so se ve ne siete accorti, ma stiamo battendo tutti i record di imbecillità. Abbiamo parcheggiato i pullman “sotto casa” dei laziali e i nostri “filosofi calcistici” continuano a deridere le nostre energiche proteste. Anzi, ci mostrano il Foro Italico praticamente deserto (… te credo, a quest’ora!…) e ci scherniscono: “Dove sono tutte le bande ultras di laziali, di cui fantasticate e farneticate già da giorni? Non vedete che qui c’è solo la grande civiltà romana? Dobbiamo essere onorati e orgogliosi se il Pescara gioca in questo posto”.
No comment bis!
Subito dopo di noi, sono arrivati altri due pullman dell’Excelsior e uno dei Panthers: uno scangascione da sfascio, peggio di quello in servizio dieci anni fa sulla Pescara-Pianella, via Cerratina … Mentre del quarto pullman Excelsior non si hanno notizie; disperso nelle viscere della Capitale, probabilmente grazie ad un altro autista “super esperto”. Mentre tutti gli altri pullman e le auto private provenienti dall’Abruzzo stanno parcheggiando alla Farnesina … Chissà come mai!
Passa meno di mezzora e cominciano ad arrivare i tifosi della Lazio, con le loro inconfondibili bandiere biancocelesti (ed è ben diverso dal nostro Biancazzurro), ulteriormente distinte dallo Scudetto e dall’aquila. Si dirigono tutti verso i cancelli della Curva Sud e, a questo punto, il “top manager” degli autisti esperti ha un improvviso dubbio: “Forse è meglio spostare i pullman da qua”.
Ma va!?… Davvero?… E perché mai?…
Chiede a un vigile urbano che sta gironzolando nei pressi. Il quale, dopo averlo informato che qui non esistono parcheggi sicuri al 100%, gli consiglia quello della Farnesina … ma guarda un po’ tu!… che, tra l’altro, è il più vicino alla “via di fuga”, in caso di necessità. Non so se s’è capito: il vigile urbano, che pure (per sua stessa ammissione) è romanista, ci sta preavvisando sulla concreta possibilità di dover ricorrere a una “via di fuga”!
Chiaramente, la tensione sale a dismisura, e raggiunge livelli da allarme rosso nel momento in cui ci rendiamo conto che dobbiamo scaricare il materiale dal bagagliaio.
D’istinto … il solito “maledetto” istinto … sarebbe molto meglio lasciare tutto nei pullman e di andare allo stadio senza niente; unica maniera per essere sicuri (o quasi) di riportare tutto a casa. E ora anche tutti gli altri “ottimisti” sono d’accordo, avendo finalmente capito che non siamo a Terni, e nemmeno a Modena. E’ però un’idea che dobbiamo abbandonare subito, vuoi perché Luigi “il tesoriere” inizia ad andare in escandescenze, minacciando chissà quali conseguenze sin da domani, vuoi perché lo stesso vigile urbano di cui sopra (al quale, evidentemente, stiamo facendo pena) ci avvisa che il rischio di furto con scasso da parte dei laziali è piuttosto concreto perché, nelle occasioni con grande partecipazione della tifoseria ospite, alcuni gruppi di ultras escono dallo stadio a fine primo tempo appositamente per recarsi nei parcheggi e aprire i bagagliai dei pullman, come pure delle auto private, e asportano qualsiasi cosa venga trovata. Dopodiché, distruggono il mezzo, a titolo di “ringraziamento” per il gentile omaggio, e rientrano in Curva grazie alla complicità dei controllori ai cancelli che, tra parentesi, sono in gran parte ex ultras assunti dalla Società; quindi … capirai!
E le Forze dell’Ordine?
Ci sono, eccome!… Anzi, se ne contano a centinaia, di tutti i tipi (persino Carabinieri a cavallo!), in tutti gli angoli della zona, ma … ma si guardano bene dall’intervenire, se non quando davvero non se ne può fare a meno, perché (ci dicono) significherebbe scatenare una vera guerriglia; che, dato il magrissimo stipendio, si risparmiano molto volentieri. Del resto, la loro motivazione di fondo, tanto genuina e accorata quanto disarmante, è la stessa che ci siamo sentiti dire in tanti altri stadi d’Italia: “Anche noi abbiamo famiglia”.
Impossibile dar loro torto. Ma dopo quello che abbiamo visto e sentito a Torino, quest’altra “meravigliosa” situazione ci obbliga alla più incredibile delle conclusioni: il movimento “ultras” della Serie A è così potente da fare letteralmente paura alle Forze dell’Ordine [qui per la storia del movimento ultras, in cui si cita anche questo Lazio-Pescara- ndr]. Una realtà amara quanto ti pare, che volendo possiamo anche nascondere, tacere, sminuire … ma resta comunque una realtà.
Ci carichiamo striscione e tamburi sulle spalle e ci avviamo verso la Curva Nord cercando comunque di ostentare “noncuranza” verso la situazione in cui ci siamo … anzi, ci hanno … cacciati, ma siamo tutt’altro che “noncuranti” perché dobbiamo passare per forza davanti alla Curva Sud, che non è più deserta come mezz’ora fa. Del resto, cos’altro possiamo fare? Ci sarebbe la possibilità di fare il giro attorno allo Stadio dei Marmi, ma sarebbe un’umiliante fuga mascherata che, nonostante tutto, preferiamo evitare.
Come facilmente previsto, ora davanti ai cancelli della Sud c’è una vera marea di laziali che attendono l’apertura. Sono in gran parte giovani e giovanissimi, chiaramente ultras di seconda e terza fascia, e forse proprio per questo si limitano a scrutarci da capo a piedi, nonostante i nostri bandieroni, lo striscione e i tamburi. Anzi, un ragazzino (non più di 13-14 anni) ci si avvicina per avvertirci gentilmente che le aste di bandiera oltre i 2 metri e mezzo non le fanno entrare. Ci sembra un buon segnale, tale da farci supporre che forse abbiamo effettivamente esagerato con le “perplessità” (chiamiamole così); e che, magari, ci possa essere davvero la possibilità di instaurare un rapporto quantomeno di indifferenza reciproca, in attesa di sviluppi futuri.
È un’ipotesi che dura meno di 60 secondi, perché dalla parte opposta sta arrivando verso di noi un altro foltissimo gruppo di laziali evidentemente diretti in Curva Sud e di ben altro “grado”, rispetto a quelli visti poco fa davanti ai cancelli. Questi hanno tutta l’aria di essere la “prima linea” della Curva, per cui la possibilità di “attriti” aumenta in maniera esponenziale, poiché sia tra loro che tra i nostri c’è sempre qualcuno incapace di tenere a freno il “patos” del momento; e basterebbe una sola parola fuori posto per accendere un fuoco: anzi, un incendio. Decidiamo allora di evitare ogni possibile complicazione cambiando direzione, cioè raggiungere la Nord passando dietro la Tribuna Monte Mario, che di certo ha una frequentazione più tranquilla … almeno si spera. Impossibile!… Per incredibile che possa sembrare, la Monte Mario non ha una strada “passante”, ma solo i cancelli d’entrata e uscita, di conseguenza ci tocca tornare indietro e ripassare di nuovo sotto la Curva Sud, in direzione Tribuna Tevere.
Sono trascorsi pochi minuti, non più di dieci, ma è abbastanza perché la situazione sia completamente cambiata. Ora fuori la Curva Sud c’è una vera “squadra d’azione”, formata da un perfetto mix di teppaglia e militanza politica, non c’è praticamente nessuno al di sotto dei 20 anni (se hai 18 anni sei il “bambino” della compagnia), tutti con abbigliamento ultras-combattente, al confronto dei quali i pur attrezzatissimi atalantini fanno la figura delle “matricole a Oxford”. Per certi versi, i laziali si stanno mostrando ancor più militarizzati dei granata torinesi; ed è tutto dire.
In poche parole, e senza volerlo, stiamo mettendo in atto la più colossale provocazione che possa esistere nel mondo ultras, ma direi delle tifoserie in genere. Di fatto, potremmo “tranquillamente” essere scambiati per la tifoseria ospite che si appresta ad assaltare quella di casa sotto la propria Curva! Un’audacia che nemmeno i romanisti al derby e i napoletani hanno mai messo in atto; di sicuro non con questa “sfacciataggine”.
Sarebbe perciò logico attendersi una reazione “per niente amichevole”, ma invece i laziali restano al loro posto continuando ad “osservarci” con aria stralunata, forse perché:

  • temono di avere a che fare con extraterrestri in “tour di studio” sulla Terra?
  • Li stiamo cogliendo di sorpresa?
  • La nostra giovane età gli sta facendo persino tenerezza?
  • Viceversa, questo nostro gesto, a dir poco audace e fuori dal comune, li sta intimorendo, anche in considerazione della fama che si è fatta la tifoseria pescarese in questi ultimi anni?
  • Il Biancazzurro li sta mandando in confusione, e stanno cercando di capire se siamo pescaresi o un nuovo gruppo del tifo laziale?

In questo momento tutto può essere, ma purtroppo (per noi) impiegano pochissimo tempo a capire come stanno effettivamente le cose.
Del nostro striscione s’è incaricato Francesco “tolmino”, famoso tra noi perché è un esponente della tifoseria che segue la Max Meyer Pescara Basket. Gli si fa incontro un tipo con il classico atteggiamento del “tu non sai chi sono io”, gli si mette davanti e, dandogli una spintarella con fare sprezzante, gli dice: “Ahò!… ddò’nnate? La Nord è questa”, indicando la Curva Sud.
È come quando togli il tappo a una diga. Il tappo che, a sua volta, toglie un po’ a tutti ogni residuo dubbio o fantasia buonista … anche ai “vecchi” dell’Excelsior (come chiamiamo affettuosamente chi ha più di 50 anni) che, ricomparsi all’improvviso non so da dove, reagiscono peggio di noi, prendendo a sfottere pesantemente i laziali con l’imitazione ironica del loro accento romanesco. Per chi non lo sapesse, questo è uno dei peggiori sfregi morali che tu possa fare a un romano: deriderlo sul suo accento dialettale lo fa imbestialire come nient’altro al mondo; e evidentemente i nostri “parenti” dell’Excelsior lo sanno benissimo.
In ogni caso, pur in questo “ambientino” di crescente tensione, siamo arrivati sotto la Tribuna Tevere, dove continuiamo ad incrociare gruppi di laziali diretti in Curva Sud, cosa che non favorisce affatto la distensione; tutt’altro. Gli sfottò tipici del folklore calcistico stanno velocemente lasciando il posto agli insulti e alle minacce reciproche che di goliardico non hanno proprio niente. Né potrebbe mai esserci alcunché di scherzoso nel momento in cui ci stanno seppellendo sotto una valanga di acide provocazioni del tipo:
– “ah, avete anche i tamburi!?… Allora se vedemo all’uscita”;
– “serie B-serie B”;
– “a zingari-a pecorari-analfabeti-a bastardi-a fiij de na mignotta”;
– “a merde!”;
– “je’a fate arrivà a 15 punti?”
– “anvedi, i Pescaresi!… Dove avete parcheggiato le diligenze e i muli?”;
– “che siete venuti affà?… A vostra sarebbe ‘na squadra?”;
– “puzzate de pesce”;
– “ma ce’avete i centri sociali, a Pescara?”;
– “compaesani dei romanisti” (alludendo al fatto che sia noi che i romanisti avremmo origini nei paesini montani d’Abruzzo)…
per fare solo un ristretto riassunto di quello che ci sta piovendo addosso.
Non si tratta solo delle offese in sé che, per quanto pesanti, hanno un evidente risvolto infantile e penoso, ma tu dovresti vedere la cattiveria dell’espressione e del tono … Ad ennesima conferma che la faccia “parla” molto più e molto meglio di cento parole.
Tu dovresti vedere e sentire il disprezzo convinto con cui parlano di Pescara come di una “cittadina”; né più né meno come se stessero parlando di Velletri o di Ascoli Piceno.
C’è da restare impietriti davanti ad una sola domanda: perché?
A cosa è dovuta questa pesante “antipatia”, senza motivazioni pregresse?
Mentre tutt’attorno i celerini non muovono un solo dito per calmare le acque. Anzi, sembrano visibilmente divertiti dal teatrino in corso, ci sfottono a loro volta, e non bisogna certo essere “Nostradamus” per capire che, alla prima occasione, ci manganelleranno con vero piacere … A noi … non ai laziali.
Informo “il tesoriere” che anche all’Olimpico aprono i cancelli ad un quarto d’ora dal termine della partita, per agevolare il deflusso del pubblico, ed è ormai fin troppo chiaro che i laziali ne approfitteranno per “fare il giro” da Curva a Curva, allo scopo di assaltarci e tentare di depredarci di tutto il materiale; striscione e tamburi in primis. Per cui, sarà bene tenerlo presente sin da ora: ma è come parlare ad un muro. Sembra che Luigi sia atterrato 5 minuti fa da Marte, continua a non capire cosa sto dicendo e ironizza invitandomi a cambiare Facoltà universitaria, perché la “Sceneggiatura teatrale” mi si addice molto di più e avrei senz’altro grandissimo successo.
Va bene, prendo nota.

Entriamo in Curva Nord con il preciso intento (già “studiato” in settimana) di sistemarci nella parte del terzo anello che confina con la Tribuna Tevere, sia perché è la “fetta” di Curva più vicina al campo (quindi favorevole al tifo), sia perché da lì possiamo coinvolgere più facilmente anche gli oltre duemila pescaresi “vip” che hanno schifato la Curva, preferendo poggiare le loro delicate chiappe sulle panche della stessa e ben più “altolocata” Tevere. Ma ci troviamo davanti ad un altro inaspettato ostacolo: è incredibilmente già tutto pieno (secondo anello compreso) di pescaresi entrati prima di noi, e che hanno avuto anche tutto il tempo di esporre i due striscioni del Club Bar Mexico ’70-C.da Mazzocco (Montesilvano) e del Club Aurora. Com’è possibile? L’unica spiegazione è che hanno aperto i cancelli ben prima dell’orario prestabilito e così, mentre noi eravamo fuori a “perdere tempo” con i laziali … grazie ai nostri “super autisti” … gli altri pescaresi hanno parcheggiato alla Farnesina, sono andati direttamente in Curva Nord, sono entrati con comodo e hanno preso i posti migliori. Tutto assolutamente logico … che è il contrario di irragionevole.
Fatto sta che ora dobbiamo cercarci un’alternativa; e pure alla svelta perché le gradinate continuano a riempirsi e fra poco ci ritroveremo giù nel parterre oppure al centro della Curva, cioè in posti da dove la partita puoi solo “immaginarla” (a meno che non ti sia portato un binocolo da casa) e il tifo non arriva in campo nemmeno se hai a disposizione il miglior impianto di amplificazione.
Alla fine, riusciamo a restare comunque nel terzo anello, sistemandoci tra le due entrate grandi; perciò, siamo “a specchio” con gli ultras della Lazio in Curva Sud che, tra parentesi, stanno nello stesso settore dove prendono posti gli ultrà romanisti … pensa tu, che roba!… Non è il massimo dei nostri desideri, ma ora come ora è il male minore e, anzi, diventiamo subito il “polo d’attrazione” per gli altri pescaresi che continuano ad entrare a getto continuo. Così, in meno di 10 minuti si forma un altro gruppone “da tifo” addirittura superiore alle nostre stesse aspettative. Ottimo!
Terminato l’afflusso dei nostri tifosi, il quadro è entusiasmante: abbiamo riempito più di mezza Curva Nord … la Curva dell’Olimpico, non quella di Ancona o Varese … e addirittura in questo momento siamo più noi che i laziali in Curva Sud; probabilmente perché molti di loro non ancora entrano. In ogni caso, il gruppo ultras biancoceleste è già ben individuabile, con gli striscioni dei quattro gruppi principali, vale a dire Panthers, Ultras, Boys e Vigilantes, ai quali si aggiungono Aquile e Ciampino sui due ingressi grandi. Lo striscione dei Boys è anche il più grande e vistoso, grazie al particolare carattere grafico, ma peccato che … sia completamente copiato a quello dei romanisti. Come del resto Vigilantes è copiato ai vicentini e Panthers è uguale-spiccicato a quello degli juventini.
Mah!… questi stanno conciati male sul serio.
Dall’altra parte del divisorio, in Tribuna Tevere, le Donne Biancazzurre sono riuscite addirittura ad issare il loro striscione sui pennoni, quelli normalmente usati per le bandiere nelle competizioni internazionali, da dove domina alla grande. Di per sé, sarebbe un’impresa quasi incredibile, tanto più perché non mi risulta che altre tifoserie siano state capaci di fare altrettanto qui all’Olimpico, ma ho l’impressione che sia solo frutto di un colossale equivoco a nostro favore, nel momento in cui i laziali avranno scambiato lo striscione per un loro nuovo Club. Buon per noi.
Beh … giacché ci siamo, facciamo “scaldare il motore” del nostro tifo … che dev’essersi sentito ancor meglio di quanto pensassimo, se è vero com’è vero che la Curva Sud reagisce in massa, con un sonorissimo “Serie-B-Serie-B” e addirittura il loro “gruppo-capo” al completo sta salendo in piedi sul muretto, cosa che normalmente fanno solo a 15-20 minuti dall’inizio della partita. Peraltro, ci vuole davvero una faccia da “coatto” per gridare a noi “Serie B!” … proprio loro che negli ultimi 15 anni ci sono stati per ben quattro volte, e in altre tre occasioni si sono salvati all’ultima giornata per puro miracolo … se così vogliamo chiamare certi risultati “a sorpresa”.
Ma si sa che “il bue dice cornuto all’asino” … anzi al mulo, come ci hanno ricordato fuori lo stadio mezz’ora fa.
La nostra contro-risposta è inaspettatamente splendida: un compatto e scrosciante applauso ironico, che non sarebbe venuto così bene nemmeno se l’avessimo preparato a tavolino. I laziali la prendono malissimo, perché loro e i romanisti sono da sempre veri “maestri” dell’applauso ironico (ovvero strafottente), per cui ora la loro cascetta si vede e si sente anche a 350 metri di distanza. Infatti, tempo due minuti e dalla Sud 5 ragazzetti (immagino di “manovalanza”) invadono il campo, fanno il giro della pista d’atletica e si portano sotto la nostra Curva senza che il servizio d’ordine dica loro qualcosa; campo libero su tutto il fronte! Hanno un paio di bandiere e due tamburi il cui “design”, per la verità, non mi giunge affatto nuovo, giacché somigliano stranamente a quelli del nostro CCCB, oggi portati a Roma dai Clubs “Lo Scoiattolo” e “Zanni”.
Non “somigliano” a quelli del CCCB … “sono” quelli del CCCB.
Hai capito, cosa sta succedendo?

  • Il gruppone dei pescaresi alla nostra sinistra ha applaudito ironicamente il loro “Serie B-Serie B” (forse anche per stemperare la tensione);
  • i laziali, sentendosi presi per il culo, reagiscono mandando in avanscoperta questi 5 mongoloidi, dopo aver fatto credere al servizio d’ordine di voler venire sotto la nostra Curva per proporci una “domenica in amicizia” (avvalorata dal nostro applauso); e invece,
  • questi sono venuti sotto la Curva con l’unico proposito di umiliarci mostrandoci materiale evidentemente rubato poco fa fuori lo stadio. Di fatti, anche le due bandiere sono nostre. E
  • il gruppone dei pescaresi, insieme a quelli della Tevere, replicano l’applauso di prima, convinti più che mai di essere davanti ad un “amichevole scambio di saluti” … all’insegna del “volemose bbene”.

Sta andando in scena un assurdo mix tragicomico di equivoci, sfregi, malintesi, umiliazioni, rimbambitaggine e bestiale stronzaggine che non avrei mai creduto di vedere in un sol colpo dentro uno stadio.
Poi, sarei io a dovermi iscrivere alla Facoltà di “Sceneggiatura teatrale” …. vero Luigi?
Di fatto, stiamo appurando solo ora che queste bestie hanno avuto il coraggio di aggredire e depredare tranquillissimi tifosi pescaresi, evidentemente quando noi eravamo già entrati, giacché non ci siamo accorti di niente. Più che un’umiliazione, è uno sfregio morale che non ha eguali nella storia del tifo pescarese e, proprio per questo, ci sta risultando molto ma molto più “pesante” di quanto non lo sia già di per sé.
Siamo inviperiti all’ennesimo grado. E vorrei ben vedere!…
Scendiamo come saette giù nel parterre, saltando i muretti e i gradoni quattro-a-quattro per invadere il campo e scambiare “due chiacchiere” faccia-a-faccia con i laziali.
Proprio in questo momento stanno entrando I Fedelissimi … quelli “originali” voglio dire … già con la tensione “a diecimila” perché (ci dicono) poco fa anche loro hanno subito un tentativo d’aggressione con lo scopo di razziare striscione e tamburi; ma in questo caso ai laziali è andata malissimo. Perciò, appena vista la scena in corso, anche Marcello, Rudy, Gianfranco, Pietro, Paoletto e tutti gli altri non ci pensano su due volte ad abbandonare il materiale sul corridoio per lanciarsi verso il fossato con il medesimo proposito di saltarlo ed entrare in campo. È di fatto la molla che scatena mezza Curva Nord, perché ora un po’ tutta la tifoseria pescarese ha finalmente capito che non è in corso nessuna “manifestazione di amicizia” e che, della fantasticata “gita festosa”, questa trasferta non ha proprio niente; anzi si sta rivelando l’esatto contrario. E ora l’unico pensiero, che ci accomuna tutti, ma proprio tutti, è quello di entrare in campo, riprenderci il nostro materiale e fare “na canestra d’uss” dei 5 mongoloidi.
Il lancio di oggetti è qualcosa di indescrivibile per quantità e … mira, tanto che i poveracci sono costretti ad indietreggiare di corsa verso il centrocampo, mentre il servizio d’ordine in campo continua beatamente a “non vedere e non sentire”; né più né meno come se fossimo all’Arena di Verona nei 5 minuti che precedono l’inizio dell’Aida.
Non sta cominciando l’Aida, ma il finimondo sì … perché i laziali della Sud si sono accorti di quanto sta accadendo (nonostante l’enorme distanza che ci separa) e si stanno a loro volta preparando ad invadere il campo per dare manforte ai 5 mongoloidi mandati avanti come “esca”.
Luigi “il tesoriere” … lo stesso “tesoriere” che fino a due ore fa era sicuro di rivivere una “seconda Vicenza”, adesso è visibilmente alle soglie della disperazione, perché da un lato è costretto suo malgrado a prendere atto di una realtà da incubo, ovvero a dover dare ragione a noi “fantasiosi visionari”, dall’altra non sa più cosa fare per impedirci di macchiare la nostra fedina penale. Da un lato, si vede lontano mille miglia che d’istinto sarebbe il primo ad avventarsi contro la stalla laziale, ma dall’altro lato sa bene che se lo facesse sarebbe come buttare benzina sul fuoco.
Solo a questo punto, cioè alle soglie di una mini guerra civile, c’è un primo intervento dei celerini che, in un modo o nell’altro (e non senza fatica), riescono a dissuadere gli invasori delle due Curve, ma ormai la situazione è definitivamente precipitata, ed è chiaro che la domenica ha preso una piega molto peggiore del più pessimistico presentimento.
In ogni caso, si è ristabilita un minimo di calma, seppure apparente. Molto apparente.

I Fedelissimi sistemano il loro striscione a fianco del nostro (verso il centro della Curva) e, pretendendo di fare gruppo a sé stante, si ritrovano pressoché circondati da laziali che, non è difficile prevederlo, li costringeranno a restare seduti, con tutta la negatività che questo comporta sul tifo. A maggior ragione perché anche loro hanno portato tutti i tamburi e in totale (in tutta la Curva) arriviamo addirittura a 25!… che sarebbero 27 con i due rubati. In poche parole, ne abbiamo più oggi che normalmente all’Adriatico. Particolare non da poco, perché ben sappiamo che nel mondo ultras la potenza di una tifoseria si misura anche dal numero di tamburi in suo possesso, essendo “strumenti” non solo di accompagnamento al tifo vocale, ma a tutti gli effetti “identitari” quasi quanto lo striscione. Si capisce così il rosicamento e il livore dei laziali, con il conseguente attacco per depredarci proprio dei tamburi, prim’ancora che di tutto il resto. Ma resta ugualmente la figura “demmerda” che stanno rimediando a livello di tifo, ancor più storica se si considera che arriva ad opera di una matricola assoluta della Serie A, che tre anni fa era in Serie C e che rappresenta una città popolosa come il solo quartiere romano di Monte Sacro.
Per contro, però, serve a ben poco portare 27 tamburi all’Olimpico, se poi ne usi effettivamente si e no la metà, perché due te li fai rubare prima della partita, i sette de I Fedelissimi restano poggiati sul muretto, essendo impossibile suonarli stando seduti, i quattro del CCCB stanno in mano a chi non ha la minima idea di cosa significhi ritmare il tifo … Insomma, la solita Ferrari con il motore della 500, e sappiamo benissimo il perché.
Intanto, i due tamburi rubati sono “rientrati” in Curva Sud e fanno bella mostra sulla “O” dello striscione Boys. E questa sarà una visione che dovremo sorbirci per tutta la partita. Senza contare che i laziali, da veri maestri della strafottenza, li stanno percuotendo alzandoli in aria, proprio per farceli vedere e sentire meglio.
Sarà per questo, sarà per il “fuoco interiore” acceso dalla nostra sommossa di poco fa, ma quelli dei Clubs Lo Scoiattolo e Aurora hanno un moto di reazione violenta e se prima erano più o meno rassegnati ad aver perso definitivamente i due tamburi, ora non indugiano un solo attimo a recarsi presso il posto fisso di Polizia che sta sotto la Curva (all’Olimpico ce n’è uno in ogni settore) per denunciare il furto e chiedere al Questore di essere accompagnati in Curva Sud … dentro la Curva Sud!… per riprendersi i due tamburi.
L’idea è di per sé ai confini della fantascienza … è vero Luigi?… Innanzitutto perché le Forze dell’Ordine sanno bene che entrare in Curva Sud equivale ad una provocazione, le cui conseguenze sarebbero in ogni caso molto serie; e poi perché bisognerebbe comunque dimostrare di essere i proprietari. Invece … davvero non credo ai miei occhi … il Questore accetta, e dopo neanche dieci minuti i due “incazzati di Piazza Duca” sono di ritorno con i loro tamburi in mano, nonostante che i laziali li avessero già contrassegnati con le scritte a pennarello “Ultras” e “Boys” proprio allo scopo di contro-dimostrarne la proprietà.
Incredibile!… Sono riusciti a farseli ridare davvero!
Anche se (ci dicono), nel restituire i tamburi, i laziali non hanno perso occasione per l’ennesima sbruffonata: “Tanto veniamo a riprenderceli a fine partita” … nonostante il Questore fosse lì a due passi.
Beh, riconquistare materiale rubato con l’aiuto della Polizia non è di sicuro il massimo dell’Onore, ma in questo caso non possiamo stare a guardare il “pelo nell’uovo”. Molto più importante è aver “regalato” alla Curva laziale un’altra galattica figura “demmerda” che faranno molta fatica a dimenticare. Senza contare che in giro per la Curva Nord abbiamo “tanato” diversi ultrà romanisti, i quali stanno ovviamente vedendo e sentendo tutto.

Mancano 15 minuti all’inizio della partita, lo stadio si è notevolmente affollato un po’ in tutti i settori (tranne la Monte Mario, che si riempie solo nei derby), e anche il gruppo ultras laziale ha ormai raggiunto la sua abituale conformazione. Saranno all’incirca duemila, ai quali bisogna poi aggiungere quelli tutt’attorno che fanno il tifo pur stando seduti. La nostra supremazia resta comunque indiscutibile; e se la partita dovesse andare in un certo modo … Non succede, ma se succede …
Intanto, alcuni degli ultras romanisti presenti in Curva, finora rimasti a debita distanza, si avvicinano e chiedono di poter restare in mezzo a noi per tifare Pescara, ovvero contro la Lazio. Una parte di noi non ha niente in contrario, anche perché tra qualche mese dovremo tornare qui per Roma-Pescara e, quindi, non sarebbe sbagliato conservare un clima “fintamente” pacifico. Ma un’altra parte del nostro gruppo, ed è la maggioranza, ha un’idea completamente diversa, preferendo cogliere al volo questa occasione per regolare alcune “pendenze” riguardanti sia la recentissima Pescara-Roma di campionato, sia il Roma-Pescara di Coppa Italia giocata due anni fa e che nessuno ha dimenticato. Riusciamo comunque ad evitare un ulteriore casino che, tra l’altro, sarebbe tanto feroce (data l’incazzatura del momento) quanto disonorevole nell’aggredire con il rapporto di 20 contro 1.
È però la conferma che con la Roma calcistica abbiamo definitivamente chiuso; giallorossi o biancocelesti che siano, non fa più nessuna differenza.

Passano pochi minuti, e arriva l’episodio per certi versi più sbalorditivo del pre-partita.
Prima di annunciare le formazioni delle squadre, lo speaker dello stadio diffonde l’inno laziale che, senza alcun sottinteso o “velatura”, è a tutti gli effetti un inno fascista, tanto nel testo quanto (ancor più) nella marcetta musicale. E naturalmente, tutto il gruppo ultras fa il saluto romano. Tutti. Anche i ragazzini di 14 anni che stanno in decima fila e che, ragionevolmente, non sanno neanche cosa significa; come pure moltissimi degli altri tifosi in Curva Sud. Dopodiché, finito l’inno laziale, intonano dapprima “Faccetta nera”, per poi scandire lo slogan di “Boia chi molla”, seguito da “Morte ai rossi” e infine “Sieg Heil”. Mentre le mani di tutti sono ben tese in avanti e la prima fila (interamente in piedi sul muretto) innalza a mano una bandiera con la croce celtica e un’altra con la croce uncinata. E il resto dello stadio continua ad applaudire.
Sapevamo già che “l’ambiente” dell’Olimpico laziale è di questo tipo, ma qui c’è da restare senza parole per plurimi motivi. Certo, dal punto di vista puramente spettacolare siamo a livelli molto alti, perché la compattezza visiva e sonora è qualcosa che si vede raramente in uno stadio; ed è impossibile restare indifferenti. Per contro, non avremmo mai immaginato che una Società di calcio, per di più di Serie A, possa essere così in sintonia con la propria tifoseria, al punto da consentire quel che stiamo vedendo e sentendo in un pre-partita. Del resto, a ben vedere … stiamo parlando della “S.S. Lazio”, e mai quel “S.S.” fu più allusivo.
Questa non è una squadra di calcio che partecipa al campionato di Serie A. Questa è “un insieme di cose” che, a partire dal presidente Umberto Lenzini per finire all’ultimo controllore dei cancelli, fa politica utilizzando una squadra di calcio. Le partite casalinghe della Lazio sono vere e proprie “adunate”; e la conferma arriva proprio dai romanisti: “il loro gruppo-capo è, in realtà, il Fronte della Gioventù quasi al completo, rinforzato da esponenti di Ordine Nuovo”.
Tanto per capire un po’ meglio “dove” siamo oggi.

Una volta che le due squadre sono entrate in campo, il consueto cerimoniale viene arricchito da una premiazione straordinaria che ci coglie completamente di sorpresa. Il signor Manzo, probabilmente “sceso” dalla Tribuna Monte Mario, entra in campo per premiare con una medaglia d’oro il grande e indimenticabile ex biancazzurro Totò Lopez, uno degli “eroi” che tre anni fa hanno avviato la rinascita del calcio pescarese e che (purtroppo) è stato ceduto alla Lazio due anni fa; ma oggi rientra da un lungo infortunio e inizia dalla panchina.

Totò LOPEZ (con Tom ROSATI)

Non occorre far ricorso a chissà quale fervida fantasia per capire che questa cerimonia sia stata ideata dal signor Manzo (e dai suoi) non tanto e non solo in nome della sincera amicizia esistente tra le rispettive famiglie, ma soprattutto con “l’ottimistico” proposito di buttare pubblicamente le basi per la tanto decantata e auspicata amicizia “tipo Vicenza”. E ora si capiscono molto meglio certi discorsi e certe “insistenze” che abbiamo dovuto sopportare in settimana, fino a stamattina.
Signor Manzo che, ovviamente, non ha visto nulla di quanto successo finora, ma non c’è problema: domani (se non stasera stessa) ci penserà il buon Luigi “il tesoriere” a riferirgli tutto, visto che a noi “visionari” non crederebbe di sicuro.

Inizia la partita e, come s’era già capito, il nostro tifo sta primeggiando alla grande. In verità, temiamo che la grande distanza esistente tra terzo anello e campo di gioco possa di molto ridurne l’effetto, ma gli ultimi dubbi ci vengono dissolti prima dalla Curva Sud, impegnata più a fischiare noi che non a tifare Lazio, e poi da Piloni che nel primo tempo para sotto la Nord e risponde con vistoso entusiasmo al nostro coro.
In pochissimi minuti, però, la situazione si capovolge quasi del tutto, perché da un lato il tifo laziale sale di tono e dall’altro buona parte della Curva pescarese si è già sfiatata, a causa dell’inutile tifo del pre-partita. Aggiungi poi che si sta verificando uno dei maggiori timori della vigilia: sono tanti, direi troppi, i nostri tifosi che stanno subendo “l’incanto” dello stadio Olimpico (la cui monumentalità è comunque fuori discussione) e purtroppo … lo sottolineo dieci volte in rosso: purtroppo!… anche l’incredulità nel vedere il Pescara giocare su questo tappeto erboso, attorniato da queste tribune e da questo pubblico.
Come se fossimo il “maggiordomo” in servizio a Palazzo Reale.
Una sudditanza psicologica che – per certi versi – lascia sgomenti, perché è un evidente segno di tifoseria immatura; ovvero non ancora pronta per sedere “alla pari” al tavolo della Serie A. È la dura realtà che, per altro verso, dobbiamo saper sopportare e superare con santa pazienza, poiché si acquisisce la maturità calcistica (anche a livello di tifoseria) solo frequentando la Serie A in prima persona, non certo guardandola in TV; come del resto è già accaduto al Catanzaro, alla Ternana, all’Ascoli e al Perugia, cioè alle altre matricole assolute che di recente ci hanno preceduto in questo cammino verso l’alto.
Partita teoricamente difficilissima, vuoi per l’ambiente in sé che “pesa” senz’altro anche sulla nostra squadra (di cui più della metà non ha mai giocato nella Massima Serie), vuoi perché la Lazio di quest’anno gioca male eppure riesce a ottenere grandi risultati in casa sua: prima il 3-0 “ammollato” alla Juventus in campionato, e poi il 5-0 con cui ha rimandato a casa il Boavista, in Coppa Uefa. Comunque, le prime fasi di gioco sono piuttosto tranquille, di quelle che lasciano ben sperare per il risultato finale.
Illusione pura!… che, in quanto tale, svanisce dopo neanche 5 minuti. Azione tutt’altro che spettacolare della Lazio, ma Giordano supera Andreuzza con un umiliante pallonetto, entra in area e sta per fare la stessa cosa con Piloni in uscita che, a questo punto, ha solo due scelte: tentare l’improbabile parata “miracolosa” o atterrare l’attaccante e sperare in un rigore fallito. Naturalmente, sceglie questa seconda soluzione…

L’azione del 1° rigore

… solo che Agostinelli non fallisce il rigore.

Il rigore realizzato da Agostinelli

Sono passati 300 secondi, forse anche qualcuno in meno, e già siamo sotto di un gol, il famoso 1-0 “di partenza” che ormai stiamo regalando a tutti gli avversari. Pensi che avremmo fatto un’eccezione proprio oggi?
Tanto basta per infuocare letteralmente lo stadio, perché da una parte ci sono i laziali (compresi quelli in Curva Nord alla nostra destra) che prendono a sfottere in modo molto più pesante di quanto abbiano fatto finora e, dall’altra parte, ci sono i pescaresi, dei quali non riuscirei mai a descriverti lo stato nervoso, somma di tante cause, l’una più “sfregiante” dell’altra. Vabbé … facevo prima a dire che stiamo in cascetta totale.
Soprattutto i laziali con cui coabitiamo in Curva Nord, finora poco più che presenze anonime, si stanno rivelando peggio dei loro degni colleghi della Curva Sud, in quanto a insulti e offese. Un inspiegabile odio che con il calcio non c’entra niente; né potrebbe mai entrarci qualcosa.
Uno stadio che in questo momento ha assunto tutte le sembianze di una stalla; mancano solo la paglia, le greppie e il letame … ma se cerchi con attenzione troverai anche tutto questo.
E’ un momento difficilissimo, perché ci sono tutti i presupposti affinché la situazione precipiti definitivamente e in maniera che dire “pericolosa” è dire poco. Se non interviene qualche Santo a calmare le acque, rischiamo seriamente che la Polizia ci chiuda dentro la Curva fino a domattina, con l’accusa di tentato omicidio plurimo … se “tentato” si può dire.
Lo ha capito anche il signor Manzo che, abbandonata velocemente la Tribuna Monte Mario, sale in Curva Nord per stare con noi e trasformarsi (lui) nel “santo” che calma le acque. Ma, ti dirò … non so se sia la soluzione migliore, perché temo che più ci “freniamo” e più “accumuliamo”. Più accumuliamo e più si favorisce “l’esplosione” incontrollabile. Per paradossale che possa sembrare, ora come ora credo che sia molto più produttiva (e meno dannosa) una “bella e sana” scazzottata con cui sfogare la nostra ira furente.
Prova a immaginare il quadro del momento:

  • il Pescara perde già dopo cinque minuti, in maniera ben più ingenua del solito;
  • tutto lo stadio (forse esclusa la sola Monte Mario) ci sta addosso molto oltre i limiti della derisione calcistica;
  • i duemila pescaresi della Tribuna Tevere sono ridotti al silenzio quasi totale;
  • la Curva Sud laziale ora sta esprimendo un tifo che farebbe scascettare anche il Gran Sasso;
  • la Curva Nord laziale, pur sapendo bene che potremmo “sfranicarli” in soli tre minuti, continua a provocare pesantemente e a sghignazzarci in faccia, invitandoci ad andare a casa per non assistere alla goleada in arrivo;
  • noi che, facendoci un coraggio “inumano”, riprendiamo a tifare come se la partita fosse appena iniziata.

Che altro devo aggiungere?
Ci viene in soccorso il Pescara in campo che, invece di deprimersi e sbandare, ora sta giocando incredibilmente meglio di prima e domina il campo in maniera commovente. Ma proprio mentre le speranze di un pareggio si fanno concrete, al punto che dalle tribune iniziano a sibilare i primi fischi verso la Lazio, arriva una sconcertante e inaudita cazzata di Orazi (… proprio lui, un ex romanista!… ) che regala letteralmente ai padroni di casa un altro rigore. Senti che roba.
Zucchini batte un normalissimo fallo laterale e dà la palla alla nostra ala destra (oggi centravanti arretrato) affinché la rinvii il più lontano possibile, verso i nostri attaccanti … se così si possono chiamare i due “pupazzi” che schieriamo là davanti … E invece, forse perché colto di sorpresa, il buon Angelo s’imbambola improvvisamente, neanche fosse un dilettante all’esordio in Seconda Categoria e, non sapendo cos’altro fare, si aggiusta la palla con la mano senza rendersi minimamente conto di essere abbondantemente dentro l’area di rigore. L’arbitro Casarin … figurarsi!… proprio lui che (sin dagli anni passati) non ha mai nascosto una misteriosa “antipatia” per il Pescara, quasi non crede ai propri occhi e fischia subito il secondo rigore per la Lazio. E c’è ben poco (o niente) da protestare.
Così, dopo soli 600 secondi di partita abbiamo già regalato alla Lazio due rigori! Ma regalati nel senso più natalizio del termine.
Lo stesso pubblico di casa è talmente incredulo che quasi non esulta, forse perché si sta ancora chiedendo se è tutto vero … che in Serie A possa accadere qualcosa del genere, oppure se oggi l’Olimpico è stato scelto come teatro di una “Candid Camera” organizzata da Nanni Loy. Eccetto i laziali della Curva Nord, che ormai hanno perso ogni freno e la loro “escalation” di pesantissimi “rifrecamenti” è qualcosa di inenarrabile.
Del resto, in campo stiamo facendo di tutto e di più per dar loro ragione.
Visto, cari Luigi e Angelo (Manzo), cosa si ottiene a comportarsi civilmente? Pensate che queste bestie avrebbero potuto fare altrettanto se un’ora fa, alla prima mezza parola fuori posto, li avessimo tritati come il sale?… tanto per mettere da subito le cose in chiaro?
Puoi importi tutta la calma di questo mondo, ma subire due rigori nei primi dieci minuti di partita, per di più in quel modo e con un “contorno” del genere, metterebbe a dura prova anche la pazienza di Gesù in persona … che infatti, entrato nel tempio ridotto a mercato, butta tutto all’aria e distrugge ogni cosa con una furia tale da mettere in fuga decine e decine di persone … Lui da solo!… Sì, è vero che lo ha fatto una sola volta, a puro titolo di esempio, ma lo ha fatto. E non lo dico io: lo scrive la Bibbia. Significherà qualcosa?
Sulla palla dagli undici metri torna Agostinelli, e per noi è come una “visione celestiale”, perché una fortissima sensazione ci dice che “il biondo” non riuscirà a segnare due rigori in 10 minuti; “stona” moltissimo con il tabellino della partita.
Lo sbaglia-lo sbaglia!…

Il 2° rigore di Agostinelli

Ripete lo stesso tiro di prima, magari sperando nel ragionamento contrario di Piloni … che invece fa il ragionamento più giusto e compie il miracolo, quello senza virgolette perché, data la situazione, l’intervento Divino mi sembra a dir poco evidente!

PILONI para il 2° rigore di Agostinelli

Se non sei qui e ora, non potrai mai immaginare quale tragica situazione ha scampato questa formidabile parata del nostro portierone. Beh … dato che il Vaticano è qua dietro, a quattro passi, io ne approfitterei per proporre la beatificazione di “San Massimo dei Portieri”.
I giocatori laziali attorniano Casarin per protestare violentemente. Secondo loro Piloni si è mosso prima e il rigore va ripetuto, ma l’arbitro milanese non vuole sentire ragioni e, di per sé, questo è un “miracolo” supplementare, giacché 9 su 10 al suo posto avrebbero “accontentato” la squadra “d’a Capitale”, ovvero affossato con vero gusto questa squadretta di semisconosciuti provenienti dagli ameni pascoli d’Abruzzo.
Cari burini … ufficialmente conosciuti come “laziali” … i pascoli sono quelli che avete voi sui prati della Pineta Sacchetti, di Tor di Quinto e dell’Appia Antica, dove i pastori della Ciociaria e della Sabina portano a pascere le loro greggi e colgono l’occasione per sollazzarsi con le mignotte (vostre “parenti”) che lavorano in quelle zone. Noi siamo sulla riva del mare; e se le nostre aurore, le nostre spiagge, le nostre fritture di pesce appena sbarcato, le nostre feste in allegria vi fanno schiattare d’invidia … sono cazzi vostri; organizzatevi per risolverli. E fate attenzione quando percorrete la Casilina o la Boccea, perché le cacate delle pecore ciociare sono molto scivolose.
La gioia e la rabbia delle opposte fazioni, per il rigore parato, si scontrano inevitabilmente allo stesso modo in cui si scontrano in cielo l’aria calda e l’aria fredda, generando un temporale con tuoni e fulmini. E tanto succede anche sulla terra; anzi, sul cemento dell’Olimpico.
Scoppiano le prime scazzottate, questa volta vere e pesantissime, perché c’è il “vecchio e il nuovo” da mettere in conto e i laziali ne escono malissimo, tanto che alcuni di loro sono costretti a scappare precipitosamente dalla Curva. Vengono inseguiti, ma è impossibile prendere queste “lepri” allenate dalle innumerevoli fughe alle quali sono costrette pressoché ogni domenica; adesso non faccio fatica a crederlo.
Altra scazzottata gigantesca nella Tevere occupata dai pescaresi, dove proprio le Donne Biancazzurre hanno “appicciato un fuoco” colossale, finendo per coinvolgere mariti, fidanzati e fratelli al seguito, che in netta maggioranza sono tifosi per niente propensi allo scontro fisico; tutt’altro.
Davanti a questa scena infame, dal settore pescarese confinante con la Tevere c’è un tentativo di scavalcare per portarsi dall’altra parte e dare manforte, ma è del tutto impossibile perché i divisori non sono cancellate, come in tutti gli altri stadi, bensì lastre di cristallo antisfondamento e invalicabili.
Saltano giù dal muretto del terzo anello almeno una decina dei nostri, tra i quali c’è anche “lu zincarone” con i baffi che sta sempre all’Excelsior, quello già protagonista nelle mazzate di Pescara-Roma e, quindi, in fortissimo “attrito” … diciamo così … verso i romani in genere. Lo stanno mantenendo in tre, e per fortuna ci riescono, perché ha completamente perso la testa e in questo momento non è un uomo, ma una vera “arma mortale” in movimento.
Il pubblico di casa ammutolisce del tutto, né più né meno come se avessimo segnato noi, e anche la Curva Sud smette di tifare, dimostrando una fragilità caratteriale da veri dilettanti; in fin dei conti sono pur sempre in vantaggio loro, no? Invece, si sente (eccome!…) solo il nostro tifo perché, oltre a noi e I Fedelissimi, hanno ripreso vigore sia il gruppone accanto alla Tevere sia quelli che stanno sotto, nel secondo anello, dove imperversano Ivo e i suoi. Dei 10.000 pescaresi presenti, almeno i due terzi stanno urlando a squarciagola nel silenzio quasi totale del restante Olimpico, quindi puoi facilmente farti un’idea.
Il nostro tifo, pressoché “casalingo”, produce i suoi visibilissimi effetti in campo e il Pescara chiude la Lazio nella sua metà campo.
Finché il pareggio “nell’aria” scende dall’aria e si posa sul campo verso la metà del tempo, grazie ad una splendida azione di Orazi che, riscattando l’immane cazzata fatta poco fa, salta come birilli tre difensori laziali, arriva ai margini dell’area piccola e fa secco Garella con una rasoiata imprendibile … proprio sotto la Curva Sud.
Non è un gol … è un favoloso “Tooooooh!” in faccia al bestiame che “abita” quella Curva.
C’è da impazzire di felicità, perché il senso di vendetta è fortissimo e ci produce un godimento mai provato prima. Godimento che aumenta col passare dei minuti, nell’ammirare un Pescara assolutamente stellare tanto in attacco quanto nel respingere i tentativi laziali.
Il primo tempo si conclude sull’1-1, risultato assolutamente ottimo per come s’erano messe le cose ad un certo punto, ma anche con l’immancabile tarlo che ormai ci portiamo dietro da due mesi: cosa accadrebbe se questo nostro gioco potesse essere finalizzato da un attaccante degno di tale nome? Temo, purtroppo, che a maggio staremo ancora a martellarci con questo stesso interrogativo.

Al rientro delle squadre in campo, la Lazio si ripresenta con Lopez al posto di Agostinelli, che dopo aver sbagliato il rigore è praticamente sparito di scena. Il “nostro” Lopez che ora la Curva Sud osanna come un idolo, mentre noi ci stiamo chiedendo come faccia Totò a giocare contro la nostra Maglia, contro la nostra Città, contro gli Amici di una vita. Ma forse è proprio questo il maggior segno della sua onestà sportiva e quindi del suo essere un grande uomo prim’ancora che un grande giocatore; chiunque altro al suo posto avrebbe inventato una scusa per andare in tribuna, lui no.
In ogni caso, per la Lazio non cambia praticamente nulla: è sempre il Pescara a tenere il pallino del gioco in mano, quindi a sfiorare il vantaggio in più di un’occasione. Soprattutto con Repetto che, solo davanti a Garella, decide di calciare al volo (mandando fuori di pochi centimetri), invece di stoppare comodamente la palla e tirare di precisione. Pochi minuti dopo, un perfetto cross di Nobili mette la palla sulla testa di Zucchini che, a porta spalancata, manda incredibilmente fuori a fil di palo.

ZUCCHINI ci prova di testa

Proprio nel momento in cui la stessa Lazio sembra accontentarsi del pari come male minore della giornata, arriva la solita azione casuale “alla lazietta maniera”. De Biasi riceve la palla mentre è attorniato da giocatori laziali e, invece di liberarsene subito lanciandola il più lontano possibile (al limite, anche in fallo laterale), decide di giocarla “da campione”.

DE BIASI e D’Amico

E siccome campione non è, D’Amico gliela soffia come si fa con un pivellino, entra in area e serve al centro Wilson, che supera Piloni con un colpo di testa molto preciso. Sopraggiunge Andreuzza in corsa disperata e riesce incredibilmente a respingere sulla linea come meglio può, ma purtroppo proprio sui piedi dell’accorrente Giordano che, naturalmente, segna a porta vuota con un preciso rasoterra.

Il 2-1 di Giordano

In sole sei partite, questo è già il quarto gol che subiamo nella stessa identica maniera: una sconcertante serie di fotocopie!…

Ma l’assurdo, che più assurdo non si può, è che stavamo recriminando per un pareggio decisamente riduttivo, mentre a soli venti minuti dalla fine sta per sfuggirci pure quello.
Non è possibile!… Non può essere possibile.
Invece è possibilissimo, tanto più in Serie A: ed è solo colpa nostra. Puoi prendertela quanto ti pare con sfortuna e arbitraggi, che pure sono fattori innegabili, ma ora come ora il Pescara ci sta mettendo molto del suo, per cui paga le cazzate che compie per sua stessa mano, sia nel non segnare gol già fatti, sia nel regalarne agli avversari; l’uno più allucinante dell’altro. La Lazio, poverella, ha solo fatto il suo dovere: raccoglie quanto gli viene donato su un piatto d’oro massiccio e ringrazia commossa; quali colpe puoi addebitargli?

Si è svegliata anche la Curva Sud, che torna a tifare sul serio solo ora, quando di fatto non ce n’è più bisogno. Più che sentirli, li possiamo solo vedere nella loro sciarpata (comunque tutta biancoceleste, e non “mille colori” come la nostra), seguita dal canto “di vittoria”, manco a dirlo di stampo fascista, visto che hanno tutti le mani tese in avanti. È l’unica cosa che sanno fare davvero, per il resto … adesso capisco perché sono completamente sottomessi ai romanisti, al punto da dover traslocare anche nei derby casalinghi!
La prima fila (in piedi sul muretto) ha staccato lo striscione Panthers, e poi anche gli altri, per tenerli in mano e in alto, gesto con il quale tutte le maggiori tifoserie di Serie A danno l’avvio ai festeggiamenti di fine partita, ovvero allo scherno verso la tifoseria avversaria, ma anche per esaltare i gruppi dominanti della Curva. Più o meno in contemporanea anche noi decidiamo di staccare il nostro striscione proprio perché, a meno di un altro miracolo, la partita sembra irrimediabilmente segnata, se non altro per mancanza di “benzina”.
Ora la cosa più importante da fare è radunare e riordinare tutto il nostro materiale … se non vogliamo tornare a casa con il bagagliaio del pullman vuoto. Soprattutto lo striscione va messo al riparo da possibili (sicuri) attacchi, essendo vero segno e simbolo d’Onore, e quindi molto più importante di gol fatti, gol subiti e punti in classifica; quelli vanno e vengono, lo striscione no! Perciò, approfittando dell’ampio corridoio sotto di noi, io, Ciro, Riccardo, Stani e “smarfulone” ci adoperiamo per ripiegarlo con ordine, in modo da riportarlo al pullman con più facilità, mentre gli altri gruppi pescaresi continuano a tenere il loro striscione esposto, ignorando del tutto (anzi deridendo) i nostri avvertimenti.
Possiamo solo augurarci che abbiano ragione loro.
Manca circa un quarto d’ora al termine della partita e, come ormai consuetudine, i cancelli dello stadio vengono aperti per favorire il deflusso del pubblico; giacché anche qui (come un po’ ovunque) molti tifosi preferiscono uscire anticipatamente e perdersi gli ultimi minuti di gioco, pur di evitare il traffico caotico del dopo partita … che a Roma in particolare significa restare imbottigliati per almeno un’ora. Allo stesso tempo, però, entrano i tantissimi “portoghesi” che abitualmente si appostano fuori, in attesa di entrare a sbafo. Sono “tifosi”, se così vogliamo chiamarli, di tutte le età e di entrambe le squadre romane, ovvero laziali che non possono o non vogliono spendere il costo del biglietto, romanisti che non intendono dare soldi alla Società nemica, ma anche neutrali che si trovano a Roma per altri motivi (soprattutto militari di leva e di carriera)
Nessuno di questi sono ultras provenienti dalla Curva Sud, ma un gruppetto dei nostri, capeggiato da Riccardo, insiste per seguire l’esempio di chi sta sfollando e tornarcene subito al pullman, proprio per mettere al sicuro il materiale. Non è una buona idea, non solo perché saremmo poi “bollati” come tifoseria in fuga, ma fuori rischieremmo molto seriamente di imbatterci con i laziali in deflusso e con il “giro” della Sud. E mentre qui in Curva Nord abbiamo l’appoggio di altre migliaia e migliaia di pescaresi, fuori saremmo soli, anzi alle prese anche con le Forze dell’Ordine, di sicuro più propense a caricare noi che non la teppaglia locale.
Migliaia e migliaia di pescaresi che, nel frattempo, continuano tranquillamente a vedersi la partita, come se niente fosse.
Dopo un paio di falsi allarmi, gli ultras della Curva Sud arrivano davvero.
Sono una decina in tutto, con mimetiche, baschi, fazzoletti neri al collo e il chiaro atteggiamento dell’avanguardia formata dalla seconda fascia, mandata allo sbaraglio per sondare il terreno; significa che fuori ce ne sono molti altri “in attesa” di vedere cosa succede. Esattamente come abbiamo visto fare a Torino. Questa decina di ultras entra in gruppo dall’ingresso grande centrale con l’unico obiettivo di cercare lo striscione Pescara Rangers, tant’è vero che ignorano del tutto gli altri ancora esposti e, dopo aver visto che l’abbiamo già tolto, tornano fuori.
Una buona parte di noi si illude che se ne siano andati, avendo visto che “non è cosa”, invece stanno rientrando da uno degli ingressi piccoli superiori, quelli posti sul corridoio intermedio del terzo anello, forse perché convinti che lo striscione si trovi (arrotolato) lungo le gradinate, forse per assalirci alle spalle, o forse per entrambe le cose.
Ed infatti, non avendo trovato lo striscione nemmeno sopra, scatenano un attacco alle spalle mantenendosi però a distanza per evitare vigliaccamente lo scontro fisico. Ci scaricano addosso una pioggia di pietre, lattine piene, frutta marcia, bottigliette di bibite e quant’altro sia possibile raccogliere fuori lo stadio; persino pigne secche! Ovvio che abbiano buon gioco, costringendoci tutti (Fedelissimi compresi) alla precipitosa fuga verso il corridoio sottostante; vuoi per il fattore sorpresa dell’assalto, vuoi perché l’essere assaliti dall’alto in basso, su una gradinata, non lascia alternative.
Proprio a causa di questo parapiglia, sul muretto del terzo anello sono rimasti incustoditi due tamburi, lasciati non so bene da chi, sui quali si fionda un ragazzino che non avrà più di 14-15 anni. Ne prende uno e, salito in piedi sul muretto, lo alza in aria a mo’ di trofeo esclamando: “Ahò!… l’ho beccato, er tamburo!”. Dopodiché salta di sotto per andarsene, ma proprio a non più di tre metri da me; nemmeno ci fossimo dati appuntamento. Sarebbe da macellarlo all’istante, ma per farlo dovrei lasciare a terra lo striscione (che mi sono caricato sulle spalle), e naturalmente non ci penso nemmeno! Né posso contare sull’aiuto degli altri perché in gran parte sono impegnati in scazzottate di ogni tipo, oppure sono andati nello spiazzo sotto la Curva per procurarsi quanto più materiale possibile da lanciare nella “intifada” in corso.
Così, il ragazzino approfitta della situazione a lui favorevole e se la svigna col tamburo; pressoché indisturbato.
Tanto basta per “svegliare” dall’incantesimo tutti gli altri tifosi pescaresi presenti in Curva Nord, giusto quel poco che serve per far capire che non stiamo “giocando” a cow-boy contro indiani, che non è in corso una ripresa cinematografica e che non siamo tutti ubriachi. Per cui, ora si stanno generando tafferugli dappertutto, direi anche con buoni risultati. Mazzate a votamazz ovunque giri lo sguardo. E non in senso figurato, perché tutti i laziali … e sottolineo tutti … sono armati, in perfetta aderenza alla loro conclamata e universale vigliaccheria: aste di legno sradicate dalle panche dello stadio, con i chiodi ancora conficcati, catene con lucchetti, rami di albero, cinturoni con grosse fibbie, mazze cinesi, mazze da baseball, aste di piccone … qualsiasi cosa ti venga in mente in questo momento stai pur certo che c’è; hanno davvero di tutto. Eccetto il coraggio di affrontarci a mani nude … evidentemente perché non sono così babbei come invece appare chiaro al solo vederli.
Una vigliaccheria e una bestialità “dentro” che davvero facciamo fatica a concepire. E siccome, come si sa, al danno si aggiunge sempre la beffa, arriva Stani (“nero” come non mai) per farmi notare: “Hai visto chi è quello che s’ha fricat’ lu tambur? È il romanista che ci ha chiesto di poter stare in mezzo a noi per tifare contro la Lazio”!… E che i laziali si sono ben guardati dal “toccarlo” perché anche lui è del Fronte della Gioventù; per cui, l’essere romanista passa in secondo piano.
A Stani si aggiungono anche quelli di noi che erano contrari ad accogliere i romanisti in mezzo a noi, ovvero favorevoli a “saracarli” ben-bene, e che quindi fanno giustamente e furiosamente notare cosa ci si ricava a comportarsi con umanità al cospetto di animali.
Ora dovrei scrivere che … “ti lascio immaginare” …. lo stato di cascetta in cui ci troviamo un po’ tutti, ma sarebbe inutile, perché ci sono cose, ci sono stati d’animo e mentali che non si possono immaginare. Nemmeno noi li avremmo mai immaginati, prima di viverli in prima persona oggi pomeriggio.
Ho perso completamente quel poco di ragione che mi era rimasto e, gettato a terra lo striscione, chiedo a Stani di guardarlo un attimo per lanciarmi all’inseguimento del romanista, con l’unico obiettivo di staccargli tutta la pelle della faccia e farne una tela di ricambio per lo stesso tamburo che ha in mano. Ma ho perso troppo tempo e ormai cercarlo in mezzo a questa fiumana di gente è come cercare un ago nel pagliaio.
Torno immediatamente a riprendere lo striscione, anche perché Stani si è nel frattempo “appiccicato” con un altro laziale, e quindi lo ha lasciato a sua volta incustodito. Proprio in questo momento, mentre io sono ancora distante circa 10-15 metri, vengo preceduto da un laziale tutt’altro che ragazzino, un sagnellone alto e magro, biondiccio, con mimetica, fazzoletto nero al collo, basco inserito nella spallina della mimetica e una faccia bianca cadaverica da ndundit’ patentato, di quelle che riconosceresti tra mille. Non è solo la faccia a essere da ndundit’: questo qui lo è dalla cima dei capelli alle unghie dei piedi. Invece di prendere lo striscione e scappare subito fuori, ben consapevole d’aver così raggiunto il massimo obiettivo della giornata, sai cosa sta facendo? Lo sta srotolando lungo il corridoio, con tutta la calma di questo mondo, per vedere cosa c’è scritto, ovvero per verificare che sia davvero il nostro.
Non riesco a credere che la stupidaggine umana possa raggiungere questi livelli stratosferici. Di fatto, è come se ci avesse fregato lo striscione per poi pentirsene e restituircelo con tanto di scuse.
Altro che “aquile”!… Hanno ragione i romanisti: queste sono vere e proprie “galline-coccodè”!
Pensa, è sufficiente che gli ci avventiamo contro io, Ciro e Stani (46 anni in tre!) per mettere in fuga ‘sto salabracco ultratrentenne, nonostante sia fisicamente il doppio di noi e nei dintorni ci siano numerosi suoi compari. Mentre se ne va, con il passo strafottente di chi sta passeggiando in Via del Corso, gli urliamo dietro che non hanno la più pallida idea …. pallida come la sua faccia “de cazzo” … di cosa li aspetta a Pescara fra quattro mesi, ma lui si gira e ci rassicura: “Ce vengo, a Pescara, ce vengo … venitem’a cercà, che ce vengo”. Peccato che questa sua promessa sia miseramente destinata a restare tale perché, come s’è abbondantemente capito, fra quattro mesi l’intero gallinaio laziale si manterrà ben alla larga dall’Adriatico. Del resto, ce l’hanno detto loro stessi stamattina quando, tra una minaccia e un insulto, si sono lasciati scappare che un po’ tutti i romani temono molto Pescara; non tanto e non solo come tifoseria, ma più in generale come città e popolazione.
E fate bene.
Non potete sapere quanto fate bene!
Poco dopo, ci si avvicina un altro dei romanisti che erano in mezzo a noi e ci informa che quello lì è “Attila”, sarebbe a dire il “numero due” della Curva Sud laziale, dopo “Er Tassinaro”.
Freeeeechete!… Attila?… ma Attila ‘dde che?… Non scoppiamo a ridere solo perché in questo momento non c’è niente da ridere, ma se quello è il “numero due” dei laziali, io mi candido tranquillamente al prossimo conclave papale; con ampie probabilità di essere eletto.
Altre decine e decine di laziali, di quelli rimasti fuori per “studiare” la situazione, hanno notato che la nostra reazione è stata ben inferiore a quanto si potesse prevedere, così ora si sentono incoraggiati a entrare in Curva, e la “caccia al pescarese” diventa generale, senza guardare in faccia a nessuno; tantomeno a sesso ed età. Per cui, siamo nel bel mezzo di una gigantesca rissa, del tipo “tutti contro tutti” che di fatto coinvolge mezza Curva. La Curva dell’Olimpico, non quella di Ascoli o di Brescia.
C’è gente che corre in tutte le direzioni, non si sa se per scappare o per rincorrere. Tutti le danno e le prendono, ma è evidente che la peggio sta toccando nettamente a noi, poiché con le sole mani possiamo ben poco contro il loro vigliacco e pericolosissimo armamentario. Qui non si tratta solo di rimediare quattro “sardelle”, una botta in testa, o di rimetterci un paio di denti. Qui si tratta di ritrovarsi la testa aperta in due come un citrone, o un chiodo piantato in un occhio, o di finire su una sedia a rotelle; e quindi, c’è ben poco da fare gli eroi.
È diventato un vero problema anche distinguere i pescaresi dai laziali, per via dei colori molto simili. L’accento dialettale e le giacche mimetiche sono gli unici elementi per scongiurare il tragicomico rischio di un pescarese che mena un altro pescarese. Ma anche i laziali in tal senso non stanno messi meglio, giacché sento alcuni di loro costretti a farsi riconoscere gridando: “Ahò … so’ der fascio!” … oppure: “Io so dei G.A.B.A.” (sigla che sta per Gruppi Armati Bianco Azzurri, e riunisce i sei gruppi ultras della Curva Sud).
Eh sì, perché se i romanisti (proprio in queste settimane) stanno riunendo tutti i gruppi giallorossi sotto l’unica sigla e unico striscione C.U.C.S. (Commando Ultrà Curva Sud) è ovvio che “5 minuti dopo” anche i laziali facciano altrettanto. È matematico.
Nel frattempo, tanto per completare un’opera di per sé già abbondantemente completa, quasi l’intera Tribuna Tevere non numerata nord è in piedi da diversi minuti, segno evidente che anche da quelle parti sta avvenendo qualcosa di grosso, altrimenti si sarebbe già risolto in poche decine di secondi. E infatti, il movimento ondeggiante della folla non lascia spazio a fantasie: un gruppo di ultras laziali ha pensato bene di andare anche lì, per aggredire e depredare donne, ragazzini e ultrasessantenni. Per di più su una gradinata, dove basta mettere il piede fuori posto di un solo centimetro per scapicollarsi ruzzolando fin dentro il fossato.
L’immancabile ciliegina sulla torta arriva nel momento in cui ci accorgiamo che è sparito un altro tamburo, peraltro il gemello di quello fregato dal romanista: e non sappiamo se anche questo è stato rubato, oppure non si trova (finito chissà dove), oppure se è stato già riportato al pullman da uno di noi. Purtroppo, temo che la prima ipotesi sia anche la più verosimile.
Ma c’è anche un altro particolare che definire sconcertante sarebbe troppo poco: da oltre un quarto d’ora è in corso una vera guerriglia, le due fazioni si stanno letteralmente massacrando di mazzate, ma non è intervenuto neanche un poliziotto, non un carabiniere, non un celerino … un vigile urbano, un “nonno volontario” fuori le scuole, un secondino …. niente di niente! A bordo campo è in servizio un’intera squadra di celerini, qua fuori i cancelli idem, carabinieri armati, agenti antisommossa … ma non uno di loro che intervenga, almeno per vedere cosa sta succedendo. Non uno di loro che abbia fermato il “giro” laziale da una Curva all’altra, nonostante questo movimento sia a dir poco vistoso e ricorrente quasi tutte le domeniche, quindi molto ben conosciuto da tutte le Forze dell’Ordine della. Niente di niente!
Con questi risultati.

Usciamo dallo stadio senza aver visto gli ultimi 10 minuti della partita, senza aver neanche sentito il triplice fischio di Casarin, senza aver visto le due squadre rientrare negli spogliatoi, senza essere certi del risultato finale. Per appurare che è finita 2-1 abbiamo dovuto chiederlo ad altri tifosi.
Raggiunto il nostro pullman e messo al sicuro il materiale (cioè quel che ne rimane), non possiamo comunque dire che i problemi siano finiti, perché ora una grossa parte del pubblico di casa sta sfollando proprio nella nostra direzione, perciò … questa è la volta buona che rimettiamo i conti in pari; ovviamente con gli interessi. Ma dobbiamo frenare subito la nostra furia perché ora … e solo ora!… compare come per magia un intero battaglione di celerini, venuto a impedire ogni possibile contatto, e ci si mettono anche il signor Manzo e il suo “clan” che, di fatto, hanno formato una sorta di barriera tra noi e i nostri “obiettivi”.
I laziali stavano già sbiancando in viso, avendo facilmente capito che non avrebbero avuto scampo, ma non appena si rendono conto dell’inaspettata protezione, di cui possono godere, cambiano immediatamente atteggiamento e ci “salutano” con un altro schifoso catalogo di offese:
– “Annatevene alla svelta, che finora avemo solo scherzato, ma a minuti ve viene addosso l’intera Curva Sud”;
– “Se ar posto de’e vostre roulotte aritrovate rottami, per annarvene cor treno i bus per Termini se prendono dall’artra parte”;
– “Che ce li manni affà a Termini!?… Er treno pe’ Pescara nun esiste, perché a ferovia nun je l’hanno ancora fatta, a questi”;
– “Ma tu dici che er pecoraro è capace de legge i numeri dei bus”?
– “Ahò!… Vedete che sui bus se paga er bijeto, no come su vostri careti agricoli trainati da ‘e vacche”;
– “Fate presto a ripartì, che de notte i muli perdono l’orientamento e non ritrovano la strada de casa”.
E via di questo passo. Soprattutto di questo tono, con facce di “organo genitale maschile” che purtroppo (o per fortuna) nessun aggettivo della Lingua Italiana potrebbe mai descrivere fedelmente.
Nessuno sfottò calcistico. Nessuna ironia sulla nostra “squadretta da 15 punti” (ci dicevano stamattina). Nessun augurio di Serie B. Solo e unicamente offese alla Terra e al Popolo d’Abruzzo, come non ci era capitato di vedere e sentire neanche a Bergamo e Verona, cioè nelle due trasferte più razziste che abbiamo fatto finora. Solo a Roma. Solo in questa stalla a cielo aperto, in confronto alla quale dobbiamo rivalutare vere e proprie “signorie ducali” come Torre del Greco e Bitonto, Acireale e Nocera Inferiore.
Senza un perché. Non un solo perché.
Se non quello dell’acidità generata dall’invidia.

Dunque, abbiamo appena messo piede in Serie A e già il calendario ci ha fatto vivere due “salutari disavventure” come le trasferte di Torino e Roma. Un calendario che sembra elaborato direttamente dal Destino, nel momento in cui a distanza di soli sette giorni ci mette davanti a due esperienze completamente contrapposte, che più contrapposte non si può, come Vicenza e la Roma laziale.
A distanza di soli sette giorni, siamo passati dalle stelle alla stalla, e mai metafora fu più appropriata … ammesso che sia solo una metafora.
A distanza di soli sette giorni siamo passati da chi si toglie il pane di bocca, pur di accoglierti come un vero fratello di sangue, a chi calpesta la Dignità di un Popolo e di una Terra solo per puro sfregio.
A distanza di soli sette giorni. Affinché l’abissale differenza ci si stampi nella mente in tutta la sua sconfinata chiarezza e ci serva da insegnamento per il futuro; in un senso e nell’altro.
Non possiamo ancora ripartire, ovvero andarcene al più presto da questo letamaio, perché mancano ancora una ventina di persone. E speriamo che arrivino perché, tra un macello e l’altro, non tutti hanno visto che i vigili urbani hanno fatto spostare i pullman nel parcheggio della Farnesina; come del resto era logico fare sin da stamattina.

Nell’attesa, ascoltiamo “Tutto il calcio minuto per minuto” alla radio del pullman, e veniamo a sapere qualcosa che rende ancora più terribile questa giornata. Durante la partita Perugia-Juventus è morto il giocatore Renato Curi, appena 24 anni, colto da arresto cardiaco dopo pochissimi minuti dall’inizio del secondo tempo. Alla tragicità della notizia in sé va aggiunto che Curi ha … aveva … un fortissimo legame con Pescara, perché ha iniziato la carriera nelle file della Marconi, ha sposato una pescarese, ed è rimasto ad abitare nella nostra città anche quando è andato a giocare al Giulianova prima e al Perugia poi; per cui, è praticamente un pescarese d’adozione.
Mi sto chiedendo se possa esistere una domenica più nera di questa.
Adesso manca solo il Giudizio Universale e poi le abbiamo tutte.
E non so davvero se, ora come ora, il Giudizio Universale sarebbe una punizione o la salvezza da uno stato d’animo impossibile da definire.

Il deflusso dei laziali nella nostra direzione continua, e tra essi c’è un gruppetto, saranno una decina, con quattro tamburi del tipo “timpano”, peraltro anche dipinti di biancazzurro, diverse sciarpe, un paio di bandieroni e l’immancabile arroganza romana che li rende inconfondibili: hanno visto noi e i pullman, non ci vuole certo un dottore in “Scienze criminali” per capire verso quale pericolo stanno camminando, ma se ne fregano altamente. Come se niente fosse.
Splendido! Assolutamente splendido!
È come un branco di capre che sta pascolando davanti alla tana del lupo. Un lupo inferocito da tre settimane di digiuno. Ancora una volta, però, veniamo bloccati dagli onnipresenti signor Manzo, Ettore e “il tesoriere” … peggio della Celere!… poiché hanno (ovviamente) capito le nostre intenzioni, ovvero il nostro istinto predatorio e omicida.
“Fermi!… Rischiamo seri danni ai pullman, che poi non ci daranno più per le prossime trasferte!… Se meniamo e derubiamo questi dieci, poi ne arrivano cento a vendicarli …” e storielle di questo genere che finiscono solo per inviperirci ancora di più. Ma siamo costretti a risalire sul pullman, quasi trascinati di peso, anche perché Luigi “il tesoriere” è andato a chiamare i celerini (quelli veri) per convincerci a desistere.
Cioè … ci sta sfilando davanti al muso un’occasione a dir poco incredibile e irripetibile, dovrei dire “mandata dal Cielo” (se non fossi blasfemo), con cui vendicare almeno una parte di quanto abbiamo dovuto subire finora, ma dobbiamo lasciarcela scappare da veri polli a causa di altri pescaresi!… che stanno difendendo i laziali!… e che poi vogliono pure essere ringraziati, perché … “Vi stiamo impedendo di mettervi in mezzo ai guai”!…
Finché non lo vedi con i tuoi occhi, non potrai mai crederci.
Penso, anzi sono sicuro, che nemmeno al campo estivo dei boy-scouts accadono assurdità del genere.
Dobbiamo comunque ripartire … prima che faccia notte, sennò i nostri muli perdono l’orientamento … E questa volta per riprendere l’autostrada siamo di fatto costretti ad attraversare tutta Roma perché ci hanno sconsigliato di rifare il percorso inverso dell’andata, in quanto l’Olimpica è intasata, praticamente a traffico fermo. La traversata urbana diventa perciò un percorso di guerra; e dai finestrini vola giù in strada ogni genere di oggetto, di insulto e di “promessa” per la partita di ritorno. Addirittura, approfittando di un semaforo rosso, qualcuno di noi sta anche per scendere senza passare dalla porta!… Può essere comprensibile, ma purtroppo anche totalmente inutile, perché questi passanti si disinteressano di calcio, oppure non hanno niente a che vedere con il letamaio laziale perché sono romanisti, perciò completamente d’accordo con noi.
Ed è proprio in questi momenti che capisci quali inimmaginabili conseguenze sta producendo una giornata del genere.
Qui sul pullman non stiamo pensando solo all’incontro di ritorno con la Lazio, di per sé troppo distante nel tempo, ma a qualsiasi altra partita ci capiterà a tiro da stasera in poi, e che diventerà ad “alta tensione” indipendentemente dal nome dell’avversario. Abbiamo maturato una ferocia interiore che al momento non saprei valutare. Da un lato, ci potrebbe portare a fare danni molto peggiori di quanto abbiamo appena vissuto, con il serio rischio (per non dire certezza) di passare dalla ragione al torto. Dall’altro lato, è fin troppo chiaro che non stiamo tornando solo da una trasferta, pur “movimentata”, ma da una vera “lezione”: e ora qui tra noi un po’ tutti non vediamo l’ora di metterla in pratica; per la serie “chi-ci-capita-capita”.
Istinto omicida a parte, ogni singolo minuto di questa giornata deve diventare un manifesto che ci rammenti in ogni momento futuro i nostri evidenti, clamorosi e inammissibili errori, senz’altro causati dall’inesperienza e dall’inguaribile buonismo che storicamente affligge un po’ tutti gli abruzzesi, ma che pur sempre errori restano. Sì, perché sappiamo bene che le colpe stanno sempre al 50%, e allora: se da una parte c’è chi si comporta da stronzo, vuol dire che dall’altra parte c’è chi gli consente di comportarsi da stronzo. È una delle inesorabili leggi del mondo.
E noi … noi Tifoseria Biancazzurra globalmente intesa, ci siamo presentati a Roma con:

  • una fantasiosa e risibile idea della “nota civiltà romana”;
  • le “filosofie” sul fascismo di Gabriele D’Annunzio e sui colori in comune, che sicuramente avrebbero attirato le simpatie dei laziali;
  • le ironie sugli avvisi che noi del Pescara Rangers abbiamo predicato, anzi urlato, per tutta la settimana al riguardo del mondo ultras di Serie A, sentendoci definire “fantasiosi visionari” e “aspiranti terroristi”;
  • quasi mezza tifoseria che giunge davanti all’Olimpico senza sapere ancora in quale Curva andare, pur di non dar retta alle nostre indicazioni;
  • la conclamata incapacità, per non dire riluttanza, a fare blocco unico in trasferta, pur di assicurarsi una propria visibilità e la giusta “dose” di protagonismo;
  • le Donne Biancazzurre che, scambiando lo stadio Olimpico per la Scala di Milano, si sono presentate … “a tifare Pescara”!… impellicciate e agghindate come per una serata di gala al salone reale;
  • i Clubs Lo Scoiattolo, Zanni, Aurora e qualche altro che, sulla stessa lunghezza d’onda della “tifoseria vip”, sono tutt’ora convinti di andare in trasferta a Caserta, Rimini, San Benedetto, Piacenza e Latina;
  • tifosi talmente scollegati dalla realtà da concepire ancora le trasferte a mo’ di gita turistica;
  • tifosi talmente illusi e ingenui da essere tutt’ora convinti che andare in 10.000 in trasferta significhi automaticamente “comandare” sempre e ovunque;
  • tifosi talmente sprovveduti da affidare il materiale (soprattutto i tamburi) a ragazzini di 12-13 anni, che finora non avevano mai messo piede fuori dall’Abruzzo, perché … “Tanto siamo in 10.000, e nessuno si azzarderà ad avvicinarsi”;
  • “esperti” autisti di pullman che … “non vi preoccupate, ci penso io”, e poi parcheggiano sotto la Curva Sud, mettendoci in una situazione a dir poco “difficile”. Cioè in un casino mai vissuto prima d’ora.

Con i seguenti “meravigliosi” risultati:

  • ci hanno fregato due tamburi. Anche se sarebbe più appropriato dire che glieli abbiamo regalati con le nostre mani, ma la sostanza non cambia;
  • non abbiamo più tre bandieroni;
  • le sciarpe sono scomparse a decine;
  • lo striscione è stato salvato per miracolo, cioè solo grazie alla ‘mbapitaggine di quel baccalà chiamato Attila;
  • per non finire al pronto soccorso del “Gemelli”, con la testa aperta e “puntellata” di chiodi, siamo stati costretti a scappare nel vero senso della parola, cosa che prima d’ora non avevamo mai neanche pensato di fare in nessun altro stadio italiano;
  • non si contano quelli di noi che sono tornati a casa con maglie e pantaloni strappati, quindi da giustificare alle rispettive famiglie, oltre che da buttare;
  • le mazzate prese sono sicuramente più di quelle date;
  • i pescaresi della “Tevere non numerata” sono stati assaliti e picchiati con ancora più vigliaccheria di quanto non abbiano fatto con noi in Curva Nord, nonostante si trattasse quasi esclusivamente di donne, anziani e ragazzini (figli e nipoti al seguito);
  • una delle Donne Biancazzurre è stata colpita da un violento calcio in faccia ed è stramazzata al suolo svenuta, forse più per la paura che per il dolore;
  • un’altra signora è stata percossa in testa con un’asta di ferro, ed è finita in ospedale con la testa insanguinata. Gli hanno dovuto mettere 7 punti di sutura;
  • l’amica che era con lei è stata dapprima terrorizzata con un coltello puntato alla gola, poi rapinata di girocollo, bracciale e orecchini, infine con lo stesso coltello gli hanno aperto in due la pelliccia;
  • solo dopo essere tornata sul pullman una quarta signora, sempre delle Donne Biancazzurre, si è accorta di avere il costosissimo cappotto e la capigliatura completamente imbrattati di vernice spray blu;
  • i loro mariti, accorsi in difesa, hanno preso tante di quelle mazzate … mazzate proprio nel senso di mazze in testa … che la metà basta. Uno di loro è finito in ospedale con il braccio sinistro fratturato, mentre non si contano quanti altri sono alle prese con slogature e contusioni di ogni genere, a causa delle rovinose cadute lungo la gradinata della Tribuna Tevere;
  • la gran parte di noi ha visto sì e no metà secondo tempo, uscendo dall’Olimpico senza conoscere neanche il risultato finale, cosa che fino a stamattina avremmo considerato pura fantascienza;
  • la cocciutaggine degli “esperti autisti” ha creato un caos inenarrabile anche a fine partita, quando tutti i pullman erano stati spostati senza preavviso, e il panico di restare a piedi, nonché in balìa della stalla laziale, è durato perlomeno mezz’ora;
  • si torna a casa con un senso di sopraffazione morale che, ti giuro, pensavamo non esistesse nemmeno.

E potrei continuare ancora per sei pagine, ma siccome si tratta di un massacro molto più morale che materiale (quindi quello del peggior tipo), mi sta bollendo il sangue al solo riepilogare certi particolari, e preferisco fermarmi qua.

Tabellino del match da sito laziale: si evidenziano i feriti (…lievi?!) e i 10mila pescaresi presenti

Non c’è il minimo dubbio, e ce lo confermano anche i tifosi più anziani: questa è in assoluto la peggiore trasferta che la tifoseria pescarese abbia mai affrontato dal 1936 ad oggi, al cui confronto quella di Lecce 1974, che pure pensavamo inarrivabile per rozza bastardaggine, diventa una “briosa” gita a Rigopiano.
Benissimo.
Siamo in un Paese democratico … “più o meno” … dove anche voi laziali siete liberi di pensare, dire e fare quanto ritenete più giusto e utile. Ma il “guaio” … per voi animali, s’intende … è che noi pescaresi siamo altrettanto liberi di pensare, dire e soprattutto fare … E siamo quanto mai intenzionati a ricambiarvi, com’è giusto che sia in un mondo totalmente fondato sullo scambio. Del resto, sapete bene … voi animali, s’intende … che l’abruzzese, e il pescarese in particolare, è abituato a “donare” sempre 10 volte quel che ha ricevuto, in un senso e nell’altro; lo stesso Gabriele D’Annunzio diceva: “Io ho quel che ho donato” … riuscite a capire quel che significa? Spero di sì (… ma non ci giurerei), così potete sin da ora farvi “quattro conti” in prospettiva futura. Ovvero capire un po’ più facilmente … forse!… che la giornata del 30 ottobre 1977 vi costerà un salatissimo prezzo, con tanto di “interessi bancari” a strozzo, perché i quattro mesi che trascorreranno da qui alla partita di ritorno non possono e non devono essere gratis. Nessun Pescara-Lazio dei prossimi 50 anni sarà gratis; né per voi, né per tutte le bestiali discendenze che verranno dopo di voi.
Non è una minaccia. Non è una promessa.
È un giuramento
.
Gabriele (“Gaby”) Orlando 
[estratto dal (mio e vostro) diario del PESCARA RANGERS] 
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Un post su quanto accadde al ritorno a Pescara (05/0371978).

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